Una sfida complessa: dal potenziale soggettivo al potenziale umano globale
“Oggi, qui, con te, si è accesa una luce.
E non ho nessuna intenzione di spegnerla”
Anonimo coachee
Il concetto di potenziale di sviluppo umano – la nascita
Il concetto di sviluppo umano compare in modo ufficiale come indicatore solo nel 1990 (HDI, Human Development Index) all’interno di una ricerca macroeconomica, utilizzata poi dall’ONU a partire dal 1993(1) per valutare la qualità di vita dei Paesi che aderiscono all’organizzazione. È stato necessario un approccio economico per arrivare a definire il capitale umano come un valore da considerare in prospettiva globale.
Eppure di potenziale di sviluppo si parla già nel mondo classico: Euripide, Socrate, Platone e Aristotele fin dal V sec. a.C. cercano di definire il concetto di persona e il suo sviluppo potenziale, sebbene finalizzato alla formazione del “cittadino”, cioè del partecipante attivo alla vita sociale della comunità.
Lo psicologo Noel Burch, descriverebbe questo primo tentativo come una “competenza inconscia”, cioè sappiamo di non avere una competenza, in questo caso la definizione del concetto di potenziale, ma siamo consapevoli che esiste un contenuto: è innegabile che ogni essere umano sia capace di crescere nel corso del tempo(2).
La competenza inconscia nell’ambito dello sviluppo umano assume due direzioni: in un verso è la capacità del coach di riconoscere l’esistenza, percepire e quasi fisicamente “vedere” il potenziale nella persona che ha davanti a sé. Nell’altro, è la capacità del coachee di riconoscere in se stesso e nel coach quel potenziale.
È una competenza che, proprio perché inconscia, non si può fingere. Quando un essere umano entra in relazione con un altro, comunica per mezzo di tutti i canali espressivi a sua disposizione, siano essi verbali, non verbali e/o para-verbali. Mimica facciale, motricità, tono e ritmo della voce sono alcuni dei “segnali” che entrano in gioco e non sono controllabili, a meno di “falsare” la relazione comunicativa, quindi il fondamento stesso del Coaching, l’autenticità.
La prima vera definizione di potenziale di sviluppo arriva nel 1638 con Comenio che, nel suo “Didactica Magna”, lo descrive come una fiammella che ha bisogno solo di motivazione e impegno per ardere autonomamente e in modo imperituro. Un abbozzo preso in prestito dalla pedagogia, in cui entrano in gioco anche la motivazione, la responsabilità, l’autonomia e la volontà.
Senza la consapevolezza di questo “tesoro”, il capitale umano, la persona non è in grado di adattarsi, di trasformarsi o di cambiare. È un passaggio fondamentale, “essere” coach prima che “fare” il coach: quando si riconosce in se stessi il proprio potenziale di sviluppo, cambia il paradigma e si riconosce il potenziale in un altro essere umano. La competenza, da inconscia, diventa conscia, pronta per essere messa in campo.
I tre paradigmi dello sviluppo del potenziale umano
Il paradigma è il complesso, la matrice, che disciplina il modo in cui le persone considerano il mondo che le circonda. Più è ampio, maggiori sono le possibilità di scegliere come agire.
All’interno della relazione di coaching, nel coachee, avvengono tre cambi di paradigma:
- I cambio: consapevolezza del proprio potenziale
- II cambio: consapevolezza situazionale e attivazione del potenziale
- III cambio: apprendimento trasformativo e azione
Il primo cambio di paradigma è la consapevolezza del proprio potenziale, avviene quando si prende coscienza della propria capacità di crescita.
Il secondo cambio di paradigma è quando il potenziale si attiva, è il passaggio in cui si sceglie di agire, esplorando e analizzando le proprie risorse – anche se ancora non è chiaro quale sia il bisogno o l’obiettivo specifico – nel contesto dell’ambiente in cui si vive. Il coachee raggiunge la consapevolezza situazionale.
Nella scala di Cooper(3) è la condizione di “allerta rilassata”, in cui la persona valuta in modo neutro tutto ciò che la circonda e che è a sua disposizione. Il coachee non si sforza di adattare la realtà ai suoi schemi mentali, ma assimila tutte le informazioni e, in base all’esperienza sua o di altre persone, costruisce delle ipotesi, delle “soluzioni”. Quando questo accade, la persona agisce e autodetermina obiettivo e direzione. È il momento riflessivo e critico in cui il coach accompagna il coachee per rendere il pensiero uno strumento, come direbbe Claparède “pensiero e conoscenza fungono da preparazione all’agire”.
Tutte le esperienze del coachee, nessuna esclusa, sono la bussola che indica la direzione dello sviluppo del suo potenziale. Albert Bandura ha descritto i possibili comportamenti che il soggetto mette in atto:
- adattamento (integrazione e accettazione dello status quo)
- miglioramento (intenzione di modificare il contesto)
- cambiamento (intenzione di rottura del contesto)
Da un punto di vista del potenziale di sviluppo, nel momento in cui è presente consapevolezza, intenzione e finalità, il coachee entra nella fase di apprendimento trasformativo e avviene il terzo cambio di paradigma. La persona orienta il suo percorso e si trasforma da “esistenza” (l’insieme delle condizioni fisica, psichica e mentale) a “essenza” (dimensione trascendentale, di senso e significato), chiamando in causa tutte le sue risorse per allineare il “sapere”, il “saper fare” e il “saper essere”.
Può scegliere dove e come agire il potenziale, secondo il modello di Bandura, ma non può più scegliere se farlo o meno: come direbbe Comenio, la fiammella è accesa e si auto-alimenta, ha solo bisogno di uno scopo e di una direzione.
Il coachee, in questa fase, non decide sulla base di aspettative, illusioni o speranze, ma ha l’urgenza di determinare con precisione dove e come agire.
Per la definizione dell’obiettivo rimando il lettore alla teoria del “Goal Setting” di E. Locke e G. Latham (1984, 2006)(4) e all’utilizzo del modello S.M.A.R.T.E.R.. In prospettiva cognitiva e sociale (area affettiva ed emotiva), dal punto di vista del rapporto tra potenziale di sviluppo e trasformazione dell’esperienza, prendo in considerazione la tassonomia di B. Bloom del 1986(5). Questa classificazione, applicata al coaching, è l’insieme degli obiettivi di apprendimento che permettono di scegliere la strategia migliore per classificare, realizzare e valutare il potenziale di sviluppo “in azione”. Uno strumento che integra l’intero processo che avviene durante un percorso di coaching ed è a disposizione sia del coach, che per mezzo di esso può verificare la mobilità e il senso di efficacia del coachee, che del coachee, che può auto-valutare le sue scelte e le sue azioni.
Sulla scorta di questa tassonomia, si inseriscono le dimensioni soggettive di autodeterminazione e controllo delineate nella Self Determination Theory (SDT) di E. L. Deci e R. M. Ryan (1985, 2000)(6) e il modello interattivo e multi-componenziale di Borkowski (1987, Borkowski-Muthukrishna, 1994)(7).
Il potenziale di sviluppo si declina, nella pratica, con la pianificazione, con l’insieme delle azioni da compiere in un arco temporale definito, funzionali e coerenti con quanto autodeterminato dal coachee.
Genera un nuovo flusso di pensieri, nuovi obiettivi: i “lavori in corso” del potenziale di sviluppo che prevedono conferme, errori e nuova conoscenza.
Il potenziale di sviluppo e la trasformazione dell’esperienza
Il potenziale di sviluppo in azione, trasforma l’esperienza. Il coachee controlla i meccanismi del processo di pensiero che l’ha portato all’azione, integrandoli, pianificando e ricostruendo a ritroso, in qualsiasi fase – anche durante l’esperienza stessa – l’intero processo, aumentando di continuo la consapevolezza situazionale e, quindi, la possibilità di scelta, evitando e/o limitando le situazioni di crisi estreme.
Gli esiti e le conseguenze dell’azione influenzano gli obiettivi futuri, ampliano la conoscenza di sé, incidono sul livello di impegno e determinano l’autoefficacia e la motivazione instrinseca della persona.
Il potenziale umano procede secondo una progressione ottimale, all’interno della quale l’errore diventa “intelligente”, cioè opportunità di apprendimento.
Quando l’azione trasforma l’esperienza e il potenziale di sviluppo agisce:
- 1. aumenta la neuroplasticità(8), cioè la capacità fisiologica di sviluppare nuove connessioni neuronali. In sintesi: più ci si “allena” a pensare in modo diverso, più si arricchiscono in modo dinamico le strade che il cervello percorre per relazionarsi con l’ambiente che lo circonda e gli stimoli emotivi (relazioni con le persone).
- 2. l’errore diventa “intelligente”, cioè si mettono in campo i processi metacognitivi e di controllo.
- 3. aumenta la conoscenza di sé, cioè il senso del valore personale, i possibili sé e si definiscono gli obiettivi personali adattandoli alla situazione.
- 4. si scopre lo stile personale, cioè il livello di impegno e abilità.
- 5. aumenta la motivazione intrinseca, cioè impegno e bisogno personale.
Quando agisce, il coachee impara, assimila ed è in grado di applicare ciò che ha appreso in un contesto (ambiente o relazioni) diverso rispetto a quello iniziale. È in grado di cogliere gli elementi impliciti, “intuisce”, attiva la creatività attraverso il pensiero laterale. “Pensa” sia in modo sequenziale che parallelo, amplia la capacità di “produrre” pensiero, di modificare il modo in cui impara ed i modelli che utilizza per comprendere l’ambiente e il contesto in cui vive.
“Se vuoi cambiare il mondo, comincia da te stesso”
M. Gandhi
Il potenziale di sviluppo soggettivo e il potenziale di sviluppo umano globale
Il potere trasformativo dell’esperienza non si ferma alla dimensione soggettiva. Quando una persona realizza il suo potenziale – si allena durante il percorso di coaching – e lo sviluppa attraverso i cambi di paradigma nell’arco della sua intera vita, influisce e trasforma l’esperienza di chi lo circonda. Accetta, modifica o trasforma il suo “modo” di essere nel mondo e, di conseguenza, la quantità e la qualità degli stimoli che utilizza o contribuisce a creare e delle relazioni che vive o intraprende.
La piena realizzazione del potenziale di sviluppo soggettivo, incide sulla realizzazione del potenziale di sviluppo umano globale, coincide con la prosperità di tutti gli altri esseri umani e, in definitiva, dell’ambiente.
L’indice del potenziale di sviluppo umano (HDI) è solo un piccolo segnale all’interno della sfida più grande e complessa che le organizzazioni sentono sempre più pressante e che sono chiamate a raccogliere: trovare una dimensione che riesca a comprendere il potenziale di sviluppo soggettivo nel potenziale di sviluppo umano globale senza rinchiuderlo in soluzioni pre-costituite.
Giusy Falco
Coach Professionista specializzato in Business e Team coaching
Codroipo – UD
info@forzasettelab.com
Note:
(1) https://it.wikipedia.org/wiki/Indice_di_sviluppo_umano
(2) http://www.gordontraining.com/free-workplace-articles/learning-a-new-skill-is-easier-said-than-done/
(3) la scala di Cooper è un modello sviluppato dal colonnello Jeff Cooper che racchiude i vari stadi della consapevolezza situazionale https://www.policeone.com/police-training/articles/2188253-Coopers-colors-A-simple-system-for-situational-awareness/
(4) Locke, E. A., & Latham, G. P. (2006). New Directions in Goal-Setting Theory. Current Directions in Psychological Science, 15(5), 265-268.
(5) Bloom, B. S.; Engelhart, M. D.; Furst, E. J.; Hill, W. H.; Krathwohl, D. R. (1956). Taxonomy of educational objectives: The classification of educational goals. Handbook I: Cognitive domain. New York: David McKay Company.
Il Bloom non concluse il lavoro relativo agli obiettivi psico-motori, che qui per scelta non vengono presi in considerazione. Per la loro trattazione si rimanda agli studi successivi di A. Harrow.
(6) http://selfdeterminationtheory.org/theory/
(7) si rimanda, per un breve abstract in italiano, al seguente link http://www.battistag.it/allegati/suc_scol/integrazione_fattori_successo_scolastico.pdf
(8) per la definizione di neuroplasticità si veda https://www.physio-pedia.com/Neuroplasticity
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