Psicogenealogia Junghiana, Costellazioni Psicogenealogiche individuali e Coaching
Vi chiederete cosa c’entrano due temi così apparentemente distanti come la psicogenealogia e il Coaching, apparentemente forse poco, ma io vi ho trovato insegnamenti preziosi da integrare con quanto imparato nel corso di Coaching ed anche similitudini interessanti.
Il metodo della ricerca psicogenealogica, ha le sue origini negli anni 80 in Francia, e fa seguito ad un importante lavoro della psicoterapeuta Anne Anceline Schutzenberger che tutt’oggi viene considerata la caposcuola di questa disciplina.
Il metodo elaborato è il frutto di una indagine durata parecchi anni che ha coinvolto personaggi di spicco quali Gregory Bateson, antropologo, sociologo e psicologo britannico che ha proposto la teoria Sistemico Relazionale sulla comunicazione, e Jacob Levi Moreno, psichiatra rumeno, considerato il padre dello psicodramma e i cui metodi innovativi sono stati ampiamente utilizzati dalla Psicoterapia della Gestalt di Fritz Perls.
Agli studi di Anne Anceline Schutzenberger nell’ambito della psicogenalogia junghiana si deve lo sviluppo della tecnica del genosociogramma, ossia il disegno dell’albero genealogico contrassegnato da simboli, dove vengono riportati i membri della famiglia oltre ai legami di parentela esistenti.
Questo strumento, è particolarmente efficace in quanto riproduce la storia familiare e i membri che vi appartengono e permette di cogliere ripetizioni di eventi o di dinamiche familiari e autoboicottaggi.
In particolare il metodo prende a riferimento anche gli studi sulla comunicazione non verbale, ed in particolare gli assiomi della comunicazione declinati dallo psicologo Paul Watzlavick insieme ad un collettivo della scuola di Palo Alto; in particolare il primo “non si può non comunicare” e il terzo la natura della relazione dipende dalla punteggiatura della comunicazione sono particolarmente evidenti all’interno del sistema familiare, dove in genere si «assorbono» convinzioni limitanti e modi di relazionarsi disfunzionali che si sono radicati nel tempo.
Il tutto si basa su un principio fondamentale da cui sorge il metodo di ricerca psicogenealogica, che è quello della presenza in ognuno di noi, di un inconscio transgenerazionale che a volte può soffocare la volontà individuale.
L’effetto Zeigarnik, ossia la tendenza a ricordare i compiti o le azioni incompiute o interrotte con maggior facilità di quelle completate, studiato dalla psicologa lituana da cui trae il nome, agisce, secondo questo approccio, come catalizzatore delle azioni non portate a termine dagli antenati che potrebbero creare blocchi e frustazioni nel perseguimento dei propri obiettivi.
In un qualche modo quindi, l’albero genealogico a cui apparteniamo, è una entità a se stante, un sistema orientato verso l’omeostasi, che mantiene un equilibrio costante al suo interno, a volte a discapito dei suoi membri.
A causa di ciò è possibile che per un membro del sistema familiare, si possa creare il cosiddetto «irretimento sistemico» che potrebbe essere definito come una convinzione limitante, che arriva dalla sua famiglia di origine e di cui si fa carico la persona, impedendone l’autorealizzazione.
È di particolare interesse il lavoro dello psicologo statunitense Chris Argyris, appreso durante il corso di Coaching, sulla scala dell’Inferenza che ha dato un apporto importante nel descrivere come avviene il processo di astrazione del pensiero, e come, bias o pregiudizi inconsapevoli, portano a trarre le conclusioni sbagliate che poi diventano verità personali e azioni spesso disfunzionali.
Tali «distorsioni» del pensiero sono declinate nella scala di Inferenza studiata da Chris Argyris, che è strutturata su 7 livelli che noi potremmo dividere in tre gruppi, in ciascuno dei quali è possibile operare una tipologia di ristrutturazione della convinzione da limitante a supportiva per la persona.
1. Al primo gruppo appartengono i fatti quali realtà oggettiva osservabile e misurabile e il nostro sistema percettivo, che come sappiamo, essendo limitato, è in grado solo di focalizzarsi solo su alcune informazioni presenti nell’ambiente; in questo livello è possibile ristrutturare la convinzione limitante prendendo coscienza di tutte le informazioni che sono disponibili anche quelle che magari in precedenza non erano state colte.
Nel lavoro psicogenealogico si potrebbe declinare nell’indagare un ramo familiare o una situazione precedentemente esclusa.
2. Nel secondo gruppo, composto dai successivi tre livelli (dal terzo al quinto) fanno parte il significato che si attribuisce alle informazioni, la formulazione delle ipotesi sulla base di interpretazioni soggettive del significato, che deriva da alcuni fattori come il nostro vissuto o le nostre credenze, e la conclusione che sfocia in quella che è di fatto la costruzione di una propria verità personale; in questo livello di ristrutturazione si può lavorare utilizzando il pensiero laterale e quindi provando a modificare il punto di vista.
3. Nel terzo gruppo, convinzione e azione sono i due livelli che consolidano l’idea soggettiva della realtà e la traducono in azione. È da qui, che attraverso la ristrutturazione si potrebbe prendere consapevolezza di come le nostre azioni siano il risultato delle nostre convinzioni e quindi di come poniamo in essere autoboicottaggi che determinano nella nostra vita il ripetersi degli eventi e la famosa profezia che si autoavvera.
Appare evidente come, dalla selezione dei fatti, fino ad arrivare alla convinzione, vi siano una serie di passaggi che potrebbero portare a circoli viziosi e depotenzianti, derivanti da aspetti disfunzionali dell’ambiente dove siamo immersi o dalla nostra storia personale.
Questo studio è quindi di estrema utilità nello svolgimento del processo di Coaching e altrettanto utile nel lavoro di psicogenealogia.
La psicogenealogia junghiana è quindi uno strumento che permette di decodificare le memorie psicogenealogiche trasmesse dagli antenati ai propri discendenti limitano per la propria realizzazione personale e in alcuni casi causano ripetizioni di situazioni dolorose, perdite e sconfitte.
Tutti noi, attraverso l’ambiente in cui viviamo e le sfide che esso ci propone possiamo diventare i protagonisti e i portatori di un Mito, che, come direbbe James Hillman, si ripete sempre uguale a se stesso e alle volte può essere limitante o frustrante da impersonare, fino al momento in cui non ne prendiamo consapevolezza.
Ecco che per liberarcene ci viene in aiuto, il Coaching che declinato nell’ambito della psicogenealogia, mette al centro l’individuo in un percorso di crescita evolutiva.
Per fare questo è necessario partire compiendo un viaggio all’interno di se stessi, come fa anche il Coachee attraverso il processo nella seduta di Coaching, addentrandosi nelle storie dei propri antenati e delle ripetizioni e comportamenti autoboicottanti di cui suo malgrado è portatore.
Anche in questo lavoro, è di estrema importanza la definizione della comunicazione che, come nel Coaching risulta simmetrica nell’interazione, complementare nei ruoli e asimmetrica nel contenuto.
Spesso le motivazioni che spingono a queste indagini sono frustrazioni o blocchi nel raggiungimento di obiettivi e le motivazioni in molti casi sono legate alle convinzioni limitanti che sono trasmesse dall’ambiente familiare.
L’obiettivo del cliente, come insegna il metodo del Coaching, deve essere definito in maniera concreta e specifica, in modo che al termine del lavoro possa essere visibile e misurabile il lavoro compiuto.
Mi è stato di grande aiuto in questo corso, comprendere la differenza che c’è tra argomento e obiettivo e ancor più applicare nel definire quest’ultimo il metodo S M R T: Specifico Misurabile Rilevante e Temporale che ho utilizzato in sessione.
Successivamente alla definizione dell’obiettivo, si inizia il lavoro di disegno del proprio albero genealogico e inizia la fase di esplorazione della propria storia personale e di quella dei propri antenati per cogliere riflessi o analogie presenti; durante questo lavoro possono emergere eventi o date ricorrenti e/o altre similitudini con la storia dei propri antenati.
È qui che entrano in gioco gli atti simbolici (disegni, come ad esempio i mandala e il blasone familiare) che servono ad acquisire consapevolezza e che si potrebbero definire dei work-in, la cui funzione come avviene nella seduta di Coaching, è quella di stimolare il pensiero laterale.
Questi atti simbolici hanno la funzione di stimolare una mobilità nella persona per iniziare a prendere consapevolezza degli aspetti disfunzionali che ripete all’interno del suo sistema familiare.
Gli atti simbolici il più delle volte fanno emergere emozioni che possono essere utilizzate nel lavoro attraverso il metodo di gestione delle interferenze interne, che prevede un contatto con l’emozione, la successiva verbalizzazione o rappresentazione della stessa e la successiva consapevolizzazione e gestione.
L’esplorazione del piano di azione con il cliente dei relativi ostacoli e dei facilitatori insieme al monitoraggio è di assoluta importanza, sia nel Coaching che nel lavoro di psicogenealogia, ed ha il fine di mantenere il focus sull’obiettivo durante il periodo in cui cliente e Coach non si vedono.
Infine il monitoraggio finale che viene indagato nel metodo del Coaching, ma che può essere inserito anche in psicogenealogia è d’aiuto in quanto indirizza il cliente nel lavoro da svolgere e lo aiuta a capire se sta seguendo la strada che porterà all’obiettivo.
Come ultimo atto della ricerca Psicogenalogica, a chiusura del percorso, avviene una costellazione familiare individuale, ossia una rappresentazione del sistema familiare con l’utilizzo di strumenti quali fogli colorati o pupazzetti.
Questo lavoro potrebbe essere definito un lavoro che stimola il pensiero laterale e che permette di mettere in scena alcune dinamiche e riflettere su di esse consapevolizzandole.
Il lavoro sul proprio albero genealogico può essere ripetuto più volte, andando a indagare con obiettivi diversi i vari rami familiari e le relative tematiche che rappresentano e su cui si vuole lavorare, ed è quindi un lavoro che fa acquisire consapevolezza sulle dinamiche presenti nei vari settori della nostra vita.
È importante sottolineare come nel lavoro di psicogenealogia, gli antenati e le loro esperienze di vita, siano considerati parti di noi, che rappresentiamo e che condizionano il nostro presente ma che possono essere trasformati in risorse, e non come molti pensano un lavoro di ricerca del passato familiare fine a se stessa; in questo trovo una grande similitudine tra le due discipline che integrate insieme possono essere un valido aiuto per l’evoluzione e la consapevolezza dell’individuo.
Barbara Rangoni
Facilitatore in Psicogenealogia Junghiana e Costellazioni Psicogenealogiche
Coach Professionista diplomato presso la Scuola INCOACHING®Bologna
barbara.rangoni@gmail.com
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