Categoria: Il discorso della montagna: puoi cambiare la tua vita, e farlo da oggi!

Categoria: Il discorso della montagna: puoi cambiare la tua vita, e farlo da oggi!

Il discorso della montagna: puoi cambiare la tua vita, e farlo da oggi!

Mi è sempre piaciuto provare ad imparare cose nuove; strategie, meccanismi e metodologie per crescere e aiutare a crescere e quando mi imbatto in qualcosa di nuovo e di entusiasmante, come il coaching, provo immediatamente ad avvicinarlo a ciò che posso considerare il mio principio e fondamento, ovvero l’aria che riempie i miei polmoni e mi permette di vivere la vita che sto vivendo.

Questo principio, questa roccia sulla quale di volta in volta scopro costruita la mia esistenza – e la mia vocazione – è la Parola di Dio, ovvero il rivelarsi della misericordia del Padre verso gli uomini, attraverso suo Figlio Gesù.

Nei giorni che ruotano attorno alla conclusione del percorso di formazione come coach professionista la liturgia mi permette di avvicinare di nuovo, capita ogni anno, il “Discorso della montagna”, che può essere definito a ragione la carta di identità del cristiano (Francesco, Udienza generale 29 gennaio 2020) e, straordinariamente in questo testo letto e riletto, meditato e commentato, ritrovo spunti interessanti che si legano alla disciplina del coaching in modo affascinante e significativo.
Il desiderio di questo articolo, scritto per poter accedere alla prova d’esame, è quello di far risaltare queste connessioni, per rintracciare anche nell’agire di Gesù, qualcosa che è stato formalizzato successivamente in un metodo, ma che fa già parte del cuore dell’uomo e della sua essenza.

 

L’incipit – Le beatitudini

Il discorso di Gesù, riportato nei capitoli che vanno dal quinto al settimo capitolo del Vangelo di Matteo, si apre con una serie di otto “beatitudini”. Sono a prima vista esplicitazioni paradossali, che ascoltate in quel tempo da persone che le accostavano per la prima volta, e senza il sostegno di una forma scritta, potevano davvero creare sconcerto.

Quest’anno però, queste stesse parole, hanno risuonato in maniera particolare, come se un velo si fosse sollevato, e potessi riuscire ad intuire una logica sottostante, ben più affascinante e coinvolgente.

Per poter entrare nel dettaglio, occorre che il lettore mi conceda il permesso di far risuonare ancora una volta quelle parole, da cui tutta la mia riflessione prende le mosse:

“Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati. Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così, infatti, perseguitarono i profeti che furono prima di voi.” (I testi della Bibbia sono tratti dalla versione CEI 2008. Questo testo si trova nel Vangelo di Matteo, al capitolo 5, versetti 1-12).

Ogni beatitudine parte da una situazione che sembrerebbe a prima vista non favorevole alla gioia, anzi. Sembrerebbe che ogni frase dipinga una situazione nella quale la gioia è di fatto impossibile, o per lo meno contrastata e faticosa da raggiungere. Eppure, mi sembra, che queste parole così esplosive rivolgano al lettore una proposta, e abbiano come scopo quello di far sorgere, nel cuore e nella mente dell’ascoltatore, un desiderio di mettersi in cammino.

Se non ho la percezione che, dentro una situazione negativa e ostica, si possa seminare il seme della novità e del cambiamento, continuerò a rimanere dentro quella situazione e la lamentela sarà l’unica cosa che affiorerà tra le righe storte che la mia vita riesce faticosamente a tracciare sul sentiero della storia. Ma se qualcuno scuote quello che sono, delineando un futuro diverso, iniettando l’antidoto della speranza e di qualcosa di inimmaginabile fino a quel momento, tutto si rianima e la prospettiva di poter affrontare il peso mettendosi in cammino diventa affascinante.

Gesù sembra dipingere davanti agli occhi dei suoi ascoltatori quello che il coaching definisce futuro desiderato, a fronte di un presente percepito come soffocante e asfittico.
La vita vera e autentica viene mostrata a chi si sente oppresso e schiacciato, e chi riceve questo annuncio, almeno così me lo immagino, solleva la testa, per un attimo pervaso dallo sconcerto, poi certamente interessato. “Qualcosa è possibile per me, ora?”.
Di fronte a questo orizzonte, una serie di paure, di remore e di resistenze si scatenano, ma anche per queste, il maestro di Nazareth sembra avere una proposta affascinante e nuova.

Non si limita semplicemente ad indicare “cosa bisogna fare”, come se fosse un consulente o un motivatore qualsiasi, ma spende del tempo per ricordare ai suoi interlocutori che, partendo per un viaggio, occorre che l’attenzione sia data a ciò che ciascuno possiede e può mettere in campo.

 

Sale del mondo e luce della terra

Torniamo ancora al Vangelo, e lasciamo ancora a Gesù l’opportunità di proseguire:

“Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente. Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli.” (Vangelo di Matteo, capitolo 5, versetti 13-16).

A uomini e donne preoccupati e delusi, Gesù rivolge una parola che ha come scopo – usando la terminologia propria del coaching – quello di far emergere il potenziale che ciascuno dei suoi interlocutori possiede.

Dichiara loro che essi sono sale e luce.

Nelle vicende di ogni storia, egli invita i suoi ascoltatori a non fare i conti con una serie di mancanze che hanno portato le cose ad essere come sono. Non lascia indugiare le persone sui loro sbagli e inadempienze. Piuttosto lavora perché essi possano emanciparsi, se lo desiderano, dalla situazione in cui si trovano, ripartendo da ciò che è loro natura e loro costitutivo. (C. Peterson, fondatore della Psicologia positiva scrive: “L’eudaimonia trionfa sull’edonismo”, su Psychology Today, 16 maggio 2008. Questa attivazione personale mi pare permetta di sostituire la logica del piacere con la logica della gioia).

Ognuno di quegli uomini e di quelle donne avrà portato almeno una volta sapore dentro nelle cose: sarà stato capace di dare consistenza a relazioni che avrebbero potuto rimanere semplicemente conoscenze; ciascuno di loro si sarà sentito accendere di passione in una discussione tra amici sulla politica, o sul futuro dei figli. Ciascuno di loro avrà sperimentato, pur nella povertà di risorse e stimoli, di essere stato significativo per qualcuno con un consiglio o con l’esempio. A questi Gesù dice apertamente: “Sei sale!”.

Altri avranno sperimentato occasioni nelle quali sorprendentemente sono stati in grado di essere luminosi, sostegno silenzioso e autentico dentro una serie di eventi spaventosi e percepiti come impossibili da risolvere. Come loro anche noi, anche io, ho trovato in queste parole la volontà di farmi riscoprire quello che sono, perché sia questo il punto di partenza per una vita più piena e più vera, capace di far esprimere a ciascuno la verità di ciò che è.

Sono convinto che il Vangelo non rappresenti un itinerario alternativo alla vita che viviamo; non sono mai stato d’accordo con chi dice: “Bello ciò che dice il Vangelo, ma poi c’è la vita”.
Questo modo di ragionare renderebbe vana l’incarnazione, ovvero quel movimento d’amore che Dio ha compiuto per avvicinarsi agli uomini.

Ritrovare nel coaching, ed essere aiutato dal coaching a riscoprire, qualcosa che risale a quella Parola che è più intima a me di me stesso, mi aiuta soltanto a considerare come davvero tutto concorra al bene di coloro che sono amati da Dio come figli, nei quali lui, il Creatore, ha posto la sua gioia.

 

Avete inteso che fu detto… ma io vi dico

Dopo questo passaggio, ecco l’ultimo. Lo spazio che dovrebbe essere dedicato a questo articolo è terminato, ma mi permetto di domandare ancora un po’ di pazienza al lettore per lanciare lo sguardo in avanti e per vedere come va a finire la storia.

Non basta accendere nel cuore un desiderio, e non basta che un uomo o una donna, pervasi da desiderio si alzino e si dichiarino pronti a mettersi in cammino. Non basta nemmeno che a questi venga fatto vedere il loro potenziale.
Occorre che siano messi nelle condizioni di produrre un piano di azione, misurabile e rilevante, che sia in grado di portare il viaggiatore ad esprimersi e a migliorare la sua condizione, nella logica dell’autoefficacia.
È quello che mi pare Gesù faccia nei capitoli successivi, che non mi azzardo a riportare, ma ai quali faccio riferimento solo per sommi capi.
Nelle parole di Gesù, che da qui in avanti si esprimono, ritrovo una serie di ambiti che si aprono davanti ai nostri occhi come sentieri possibili da percorrere, dove mettersi in gioco perché ciascuno trovi la sua personale forma di interpretare la vita cristiana.

Non passi già predeterminati, ma piuttosto, ancora, possibilità che si aprono a chi ha avuto il coraggio di mettersi in cammino.
Perché il Padre possa ricevere gloria dalla vita piena e dalle scelte consapevoli di ognuno dei suoi figli.

 

Don Francesco Agostani

Sacerdote ambrosiano | Diplomato INCOACHING
Garbagnate Milanese
francesco.agostani@gmail.com

 

 

 

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