Categoria: L’ascolto attivo nella relazione di Coaching

Categoria: L’ascolto attivo nella relazione di Coaching

L’ascolto attivo nella relazione di Coaching

Il modello delle Core Competencies redatto dall’lnternational Coaching Federation riflette gli elementi chiave della pratica di Coaching e serve come standard di riferimento per l’esercizio della professione.

L’ultimo aggiornamento, del novembre 2019, descrive 8 competenze che un Coach professionista deve possedere:

  • 1) Dimostra la pratica etica;
  • 2) Esprime il Coaching mindset;
  • 3) Stabilisce e mantiene gli accordi;
  • 4) Coltiva fiducia e sicurezza;
  • 5) Mantiene la presenza;
  • 6) Ascolta attivamente;
  • 7) Evoca consapevolezza;
  • 8) Facilita la crescita del cliente.

 

Sebbene il modello non attribuisca importanze diverse alle varie competenze, nella mia personale esperienza di Coaching ho riscontrato spesso una tendenza a ritenere alcune competenze e strumenti più importanti di altri.
Mi riferisco in particolare alle così dette “domande potenti”, indicate alla competenza “7) Evoca consapevolezza”.

Complice forse una traduzione delle parole inglesi “powerful questioning” in “domande potenti”, si è facilmente indotti a ritenere che possano esistere delle particolari domande con un elevato potere intrinseco di cambiamento.

In conseguenza di ciò si può generare un’elevata e maggiore aspettativa riguardo l’efficacia di questo strumento, tale da indurre il Coach a focalizzarsi, durante la sessione, sulla ricerca di particolari domande potenti, tralasciando di curare gli aspetti di relazione: accoglienza, comunicazione, ascolto attivo.

In realtà, non sono le domande ad essere potenti, ma le forze di cambiamento insite nel Coachee.
Tali forze sono attivabili grazie ad una particolare forma di ascolto, definitoattivo”:

Se riesco ad ascoltare ciò che può dirmi, se riesco a capire come gli sembra, se riesco a vederne il significato personale per lui, se riesco a percepire il sapore emotivo che ha per lui, allora rilascerò potenti forze di cambiamento in lui.

(Rogers & Roethlisberger, Barriers and Gateways to Communication, 1952)

È tale forma di ascolto che fornisce il terreno fertile nel quale il seme della domanda può innescare l’auto riflessione, l’esplorazione, la scoperta, e quindi l’attivazione delle potenti forze di cambiamento in grado di produrre la mobilità del Coachee.

Ne consegue quindi che occorre prima di tutto relazionarsi con la persona in quanto tale, perché senza una relazione costruita e nutrita attraverso l’ascolto, anche la domanda più potente può risultare sterile.

[…], si comprende quanto sia sbagliato focalizzarsi immediatamente sulla risoluzione del problema enunciato dal cliente. Occorre invece relazionarsi alla “persona in quanto tale” e non alla ”persona portatrice di un problema”: considerare il problema e dimenticare la persona può essere un errore spesso fatale.

(Pannitti & Rossi, L’essenza del coaching, 2012)

 

L’ascolto nella relazione di Coaching

Ma cosa si intende per ascolto nella relazione di Coaching?

Risponderò prima con una citazione, per poi passare brevemente in rassegna quanto presente nelle principali fonti di riferimento nel Coaching e soffermandomi in particolare sul contributo di Carl Rogers.

L’ascolto che propongo è un ascolto costruttivo e vuole caratterizzarsi come una relazione accogliente, non giudicante e, appunto, costruttiva.

(Rossi, 2001)

 

L’ascolto nel modello ICF e AICP

Nel modello delle Core Competencies di ICF, citato in apertura, troviamo la seguente definizione di ascolto (Cfr. 6. Ascolta attivamente):

Si concentra su ciò che il cliente dice e non dice per comprendere pienamente ciò che viene comunicato nel contesto dei sistemi del cliente e per supportare l’auto-espressione del cliente.”

(International Coach Federation Italia, 2019)

Il che comprende anche: considerare il contesto, l’identità, l’ambiente, le esperienze, i valori e le convinzioni del cliente; rispecchiare o sintetizzare ciò che il cliente comunica; riconoscere ed esplorare quando c’è di più oltre ciò che il cliente sta comunicando; osservare, riconoscere ed esplorare le emozioni, i cambiamenti di energia, i segnali non verbali; integrare le parole, il tono della voce e il linguaggio del cliente; riconoscere l’andamento nei comportamenti e nelle emozioni del cliente.

Anche il modello delle Competenze distintive del Coach in AICP prevede, fra le 5 aree di competenza, l’attitudine del Coach a rimanere “In ascolto attivo del Coachee” (Cfr. dimensione del “Saper Essere”) (Associazione Italiana Coach Professionisti, 2019).

 

L’ascolto nel modello delle quattro “A” della relazione di Coaching

L’Ascolto rappresenta anche uno dei 4 pilastri nel modello delle quattro “A” della relazione di Coaching, insieme all’ Accoglienza, l’Alleanza e l’Autenticità.

In tale modello l’Ascolto viene visto come una competenza essenziale per assumere il punto di vista del Coachee ed i suoi obiettivi, per favorire la raccolta delle informazioni e alimentare nel Coachee l’auto-svelamento e l’auto-esplorazione (Pannitti & Rossi, L’essenza del Coaching, 2012).

L’Ascolto del Coach si sviluppa attraverso il silenzio; le domande e il feedback d’ascolto.

Il silenzio del Coach va qui inteso come strumento funzionale all’ascolto:

Nel Coaching, il silenzio del Coach è un silenzio attivo, ed è anche uno strumento volto all’ascolto del Coachee, allo stimolare il pensiero lasciando il suo spazio personale e temporale di riflessione. […] Il Coach utilizza in modo consapevole e funzionale tale strumento.

(Pannitti & Rossi, L’essenza del coaching, 2012).

Il silenzio del Coach non rappresenta un momento di inattività. Al contrario, va inteso come uno strumento dell’ascolto attivo, da impiegare in modo consapevole e funzionale e richiama dunque un momento di partecipazione attiva del Coach.

Non c’è dunque Ascolto senza la partecipazione attiva, senza l’apertura e la voglia di scoprire l’altro, senza il suo riconoscimento, senza sospendere il giudizio a favore della valorizzazione della sua unicità sia nelle sue luci che nelle sue ombre.

(Pannitti & Rossi, L’evoluzione del coaching., 2019).

L’Ascolto nel modello delle quattro “A” prevede inoltre alcune importanti modalità che il Coach deve assumere, e che fanno da cornice indispensabile. La posizione meta dell’ascolto, intesa come capacità del Coach di assumere un certo distacco dal racconto del Coachee e il disorientamento positivo, inteso come scarsa chiarezza o anche confusione delle idee, come incertezza o anche sbandamento.

 

L’ascolto per Carl Rogers

Il maggiore contributo alla teorizzazione, applicazione e divulgazione dell’ascolto attivo è probabilmente quello di Carl Rogers (1902 – 1987), psicologo americano, noto soprattutto per essere tra i fondatori dell’approccio umanistico (e dell’approccio centrato sul cliente) in psicologia.

L’approccio centrato sulla persona, da lui sviluppato, riconosce che “ogni cliente ha dentro di sé le vaste risorse per l’autocomprensione, per alterare il proprio concetto di sé, gli atteggiamenti e il comportamento autodiretto e che queste risorse possono essere sfruttate fornendo un clima definibile di atteggiamenti facilitanti.”

(Rogers, Client-Centered Therapy, 1951).

Le sue teorie hanno trovato ampia applicazione in numerosi ambiti, come la psicoterapia, la consulenza, l’istruzione, il Counseling, il Coaching, la risoluzione dei conflitti.

La sua ricerca e il suo lavoro esperienziale si sono concentrati sulla dimostrazione delle condizioni psicologiche necessarie all’istaurarsi di una comunicazione aperta che permettesse alle persone di raggiungere il loro pieno potenziale, come l’empatia, la congruenza, la considerazione positiva incondizionata, e appunto, l’ascolto attivo.

Nella sua vita Carl Rogers ha scritto sedici libri e più di 200 articoli professionali; ed è proprio fra questi che troviamo un fondamentale contributo alla teorizzazione del concetto di ascolto attivo: “Barriers and Gateways to Communication”, scritto insieme a F. J. Roethlisberger e apparso per la prima volta nell’edizione di luglio-agosto 1952, dell’Harvard dell’Business Review.

Rogers e Roethlisberger iniziano il loro articolo affermando che “La comunicazione tra gli esseri umani è sempre stata un problema.” e propongono poi due descrizioni di quelle che sono le “barriere e le porte di accesso alla comunicazione”, con l’intenzione di aiutare a risolvere il problema.

Nella prima parte della pubblicazione, Rogers analizza il problema dal punto di vista del comportamento umano in generale, mentre nella seconda parte Roethlisberger lo illustra in un contesto industriale.

Ai fini di questo articolo sarà sufficiente trattare la sola parte di Rogers, nella quale lo psicologo si pone un duplice obiettivo:

  • 1) spiegare uno dei principali fattori che bloccano o impediscono la comunicazione;
  • 2) presentare un modo per migliorare o facilitare la comunicazione.

 

Riguardo al primo dei suoi obiettivi, Rogers afferma che la principale barriera alla reciproca comunicazione interpersonale è la nostra naturale tendenza a giudicare, valutare, approvare (o disapprovare) l’affermazione dell’altra persona o l’altro gruppo.

Inoltre, la tendenza a fare valutazioni, sebbene sia comune in quasi tutti gli scambi linguistici, è molto accentuata in quelle situazioni in cui i sentimenti e le emozioni sono profondamente coinvolte, come accade spesso nelle sessioni di Coaching, soprattutto nel life.

In merito al secondo obiettivo Rogers afferma che la vera comunicazione può avvenire solo quando questa tendenza valutativa viene evitata, quando cioè ascoltiamo con comprensione.

Questo significa vedere l’idea e l’atteggiamento espressi dal punto di vista dell’altra persona, percepire come si sente l’altro, comprendere il suo quadro di riferimento rispetto alla cosa di cui sta parlando.

Secondo Rogers, se riusciamo ad ascoltare ciò che l’altro dice, vedere la situazione dal suo punto di vista, capire il suo significato personale, se riusciamo a percepire il sapore emotivo che ha per lui, allora rilasceremo potenti forze di cambiamento in lui.

Nell’intervento di Coaching queste potenti forze di cambiamento rappresentano una risorsa che il Coachee può sfruttare per la propria mobilità e il superamento dei suoi ostacoli.

Rogers suggerisce anche un “piccolo esperimento di laboratorio” per testare la qualità della nostra comprensione. Quando ci troviamo in una discussione, ci invita ad istituire questa regola:

Ognuno può parlare solo per sé stesso dopo aver prima riaffermato le idee e i sentimenti dell’oratore precedente in modo accurato e con soddisfazione di quest’ultimo.

(Rogers & Roethlisberger, Barriers and Gateways to Communication, 1952)

Nel Coaching ritroviamo questo tipo d’interazione nel concetto di feedback d’ascolto:

Per il Coach, la restituzione al cliente del suo ascolto rappresenta un altro degli aspetti fondamentali all’interno del processo di Coaching.
Ciò avviene nel momento in cui il Coach si pone nella posizione di specchio per il cliente, cercando pertanto di riflettere le informazioni che gli giungono dal Coachee (output) attraverso restituzioni (input) con una assoluta attenzione a non deformare le cose e restando perciò legato al “qui cd ora”, in un’ottica analitica e non interpretativa o emozionale, seduttiva o peggio ancora giudicatrice.

(Pannitti & Rossi, L’essenza del coaching, 2012).

Sul piano pratico possiamo avvalerci di alcune tecniche per mettere in atto il feedback di ascolto nella relazione di Coaching: rispecchiamento, sintesi, focalizzazione, riformulazione e restituzione (Scuola INCOACHING®, 2023).

Rogers sostiene che l’ascolto attivo sia molto difficile da applicare e descrive alcune difficoltà che ne impediscono l’utilizzo: bisogno di coraggio, emozioni intensificate, dimensione del gruppo, fede nelle scienze sociali.

Per le finalità proposte da questo articolo è tuttavia sufficiente trattare soltanto le prime due.

In primo luogo, dice Rogers, ci vuole coraggio, perché in questa forma di ascolto corriamo noi stessi il rischio di essere cambiati.
Infatti, se comprendiamo davvero l’altra persona nel modo descritto, se siamo disposti ad entrare nel suo mondo privato e a vedere come gli appare la vita, senza alcun tentativo di formulare giudizi valutativi, corriamo il rischio di essere influenzati al punto da subire noi stessi un cambiamento, nei nostri atteggiamenti e nella nostra personalità.

Il secondo ostacolo all’ascolto attivo sono le emozioni intensificate. È proprio quando le emozioni sono più forti infatti che è più difficile raggiungere il quadro di riferimento dell’altra persona, eppure è proprio allora che l’atteggiamento è più necessario se si vuole stabilire la comunicazione.

 

Conclusione

Quando il Coach si concentra sulla ricerca di “domande potenti”, pensandole come “parole magiche”, rischia di distogliere il proprio focus dall’ascolto del Coachee e di trascurare la relazione.

Ma è proprio in questa dimensione, quella dell’ascolto attivo, che si nasconde qualcosa di potente che, secondo Rogers, ci permette di attivare potenti forze di cambiamento nell’altro.

Se le interruzioni nella comunicazione e la tendenza valutativa sono il principale ostacolo alla comunicazione, la soluzione è creare una situazione in cui ciascuna delle diverse parti arriva a comprendere l’altra dal punto di vista dell’altro.

L’ascolto è la medicina naturale più potente del mondo.

(Rossi, 2001)

 

 

Manuele Vaggelli

Imprenditore | Formatore | Consulente | Coach professionista specializzato in ambito IT
Pontassieve (Firenze)
manuele.vaggelli@brainybyte.it

 

 

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