Categoria: Sisifo: un “mitico” Coachee alle prese con le sue fatiche

Categoria: Sisifo: un “mitico” Coachee alle prese con le sue fatiche

INCOACHING Sisifo

Sisifo: un “mitico” Coachee alle prese con le sue fatiche

Tra i tanti miti, mi ha sempre affascinato la storia di Sisifo: l’uomo che, per avere sfidato gli dei, ha subìto l’eterno castigo di trasportare un masso sulla cima di una montagna, per poi vederlo miseramente ruzzolare a valle, dovendo poi riprendere la fatica di sospingerlo di nuovo a monte fino alla fine dei tempi. Questo, però, è solo l’epilogo della sua vita che rappresenta un po’ “il marchio” narrativo per il quale è solitamente ricordato; con le dovute trasposizioni, nella pratica del Coaching, ne ho visto il riflesso in più momenti. Il primo aspetto che caratterizza Sisifo è una spiccata astuzia, una sorta di predisposizione mentale già orientata all’azione, all’intraprendenza, al problem solving; se poi si unisce tale “abilità” al fatto che sia anche figlio di Eolo e di una donna mortale, si può dire che la sua “parte divina” gli permetta di esprimere “quel qualcosa in più” in determinate occasioni.

Già tale “caratteristica” mi rimanda a quelle sessioni in cui il Coachee ascolta i suoi pensieri più profondi, mette a fuoco i propri ragionamenti rendendosi conto di riuscire a vedere il problema da un’altra angolazione, per accedere a una lettura del caso diversa dal solito, caratterizzata appunto da “un qualcosa in più” (non necessariamente “divino”!) che gli permette di aprirsi a una nuova consapevolezza dove: “[…] le potenzialità si esprimono in azione e questa in miglioramenti concreti che poi incidono sul benessere complessivo dell’individuo spingendolo ad un miglioramento continuo e all’apprendimento” (Stanchieri in Pannitti, Rossi, 2012).

Oltre a essere astuto, Sisifo è uno dei pochi conoscitori della scrittura, quale competenza tecnica primaria in suo possesso; infatti, consapevole e sicuro della propria conoscenza, sa ben mettere a frutto azioni efficaci ingannando addirittura Autolico, il figlio di Ermes che, nonostante sia un ladro esperto in grado di far cambiare forma e colore a cose e animali di cui entra in possesso grazie “ai doni” ricevuti dal padre, subisce gli effetti dell’astuzia di Sisifo che manda abilmente all’aria i suoi piani truffaldini. Sisifo possiede numerosi buoi ma, ogni notte, “il buon” Autolico si diverte a rubargliene qualcuno; senza darsi per vinto, il nostro eroe decide di “registrare” i suoi beni, facendo incidere sotto gli zoccoli degli animali il monogramma del suo nome. Autolico, però, non è uno sprovveduto e, resosi conto del tranello ideato da Sisifo, cambia forma anche agli zoccoli!

Questa parte del racconto mi richiama l’insorgenza del dubbio nel Coachee nei momenti in cui fa un’analisi accurata delle sue capacità che, rispetto alla situazione in essere, appaiono come insufficienti nonostante gli sforzi continui, quasi un’anticipazione di un copione che si vuole evitare, a differenza di Sisifo per il quale diventerà un destino. In tale circostanza, il racconto del Coachee si colora di emozioni forti, caratterizzate, per esempio, dalla voglia di riscattarsi, dal desiderio di trovare una soluzione immediata al proprio disagio, dalla volontà di cambiare lo stato delle cose, nonostante “là fuori” i piani possano seguire direzioni diverse e/o gli altri perseverino in comportamenti che, ai propri occhi, sono di ostacolo al benessere personale.

Infatti, Sisifo non si arrende e, facendo leva sia sull’intraprendenza personale sia sulla competenza tecnica, inserisce tra gli zoccoli dei buoi delle lettere in piombo fuso che, in quanto corpi esterni dell’animale, Autolico non ha modo di trasformare; in più, oltre a evitare il furto del bestiame, Sisifo dispone le lettere in modo che, quando i buoi si spostano lasciando a terra traccia del loro passaggio, si componga la scritta ‘Autolico mi ha derubato’. Le vicende con il figlio di Ermes proseguono poi in altro modo, ma ciò che qui trovo interessante sono due aspetti che spesso emergono anche dalle storie dei Coachee:

1. nel momento in cui avviene la messa in pratica di un’azione, il Cliente tende ad allargare la visione sul suo problema, riuscendo a trovare maggiori connessioni tra gli eventi e il proprio modo di inquadrare la realtà per rilevarne possibilità ancora invisibili;

2. l’azione stessa viene descritta con un linguaggio più marcato, quasi a dimostrazione di una sicurezza acquisita di fronte a un risultato personale raggiunto (es. “gliel’ho detto!”, “ce l’ho fatta!”, “ho pianto”, “ho riso”, “l’ho chiamato/a” e anche “Autolico mi ha derubato!”).

Nelle astute maglie di Sisifo cade poi anche Zeus; il nostro eroe, intento a riposare su una collina, scorge il padre degli dei in atti amorosi con Egina, la bella figlia del dio dei fiumi Asopo.

Abilmente, Sisifo sfrutta l’evento a suo vantaggio, andando a trovare Asopo a cui racconta il fatto ma senza dichiarare chi sia il colpevole; o meglio, lo farà solo a patto che Asopo stesso gli crei una sorgente fluviale in cima alla collina dove si stava riposando. Il dio accetta “lo scambio” e, mentre Zeus invierà Thanatos a impossessarsi dell’anima di Sisifo a punizione di tanta sfrontatezza, il nostro eroe raggiunge a pieno il suo vero obiettivo: il poggio dal quale ora sgorga l’acqua diventerà poi l’Acropoli di Corinto, città della quale Sisifo ne sarà il fondatore.

Questo evento, all’apparenza caratterizzato da una semplice dimostrazione di astuzia, mi ha richiamato quei casi in cui il Coachee teme di affrontare il suo problema perché convinto dell’impossibilità di riuscire a gestirlo in qualche modo. Il fatto di doversi assumere la responsabilità di fronteggiare “lo Zeus di turno”, travestito da capo, collega, amico o consorte, per far evolvere la situazione, spesso, può portare il Cliente a preferire l’alternativa di costruirsi un’Acropoli, un muro difensivo, con l’illusione di aver “arginato il fiume” del suo disagio, quando invece ha solo rimandato la gestione del problema stesso. Infatti, Sisifo riesce poi a cogliere in castagna anche la Morte, imprigionandola nei suoi stessi ceppi e, di conseguenza, scardinando l’ordine dei cicli di vita e morte nel Regno degli Inferi.

A furia di rimandare l’assunzione delle proprie responsabilità, Sisifo si trova, infine, costretto a guardare in faccia la realtà di quanto ha causato: per evitare di cadere vittima di Ares, dio della Guerra, che reclama il corpo di Sisifo a riscatto del caos generato, il nostro eroe chiede lui di poter parlare un’ultima volta con la moglie Merope. A quest’ultima, con permesso di Ares, chiede di non seppellire il suo corpo, evitando di fare qualsiasi tipo di sacrificio ad Ade o alla di lui moglie, Persefone che, all’insaputa del marito, concede a Sisifo tre giorni tra i mortali per gestire al meglio il suo funerale. Quest’ultimo, però, sfugge per anni alle grinfie di Ade che, una volta catturatolo, infligge lui la pena esemplare di coricarsi sulle spalle un masso da portare in cima a un monte per vederselo poi rotolare a valle, per sempre.

Premesso che le interpretazioni del mito possono essere molteplici, ciò che, di riflesso, ho ritrovato nel corso di alcune sessioni di coaching è il forte desiderio da parte del Coachee di trovare una soluzione al suo disagio quanto prima, evitando, ove possibile, di affrontare “prove” che lo debbano necessariamente portare oltre l’abitudine, al di là della sua zona di comfort. L’astuzia di Sisifo mi riporta a quei ragionamenti, agli schemi e alle convinzioni che legittimano il Cliente a perseverare in comportamenti inefficaci per continuare, da un lato, a pensare ad azioni (auto) ingannevoli con cui mettersi in difficoltà e, dall’altro, a faticare nel cercare di ottenere risultati ottimali: “[…] dentro ciascuno di noi c’è un essere che, quando illumina con maggior intensità la nostra esistenza, fa sì che le nostre vite esprimano molta più saggezza, creatività, energia e bontà. Spesso ci allontaniamo in parte da questo essere che c’invita a raggiungere la nostra pienezza, perché rimaniamo intrappolati in una serie d’idee e convinzioni profonde, non di rado colpevoli di fornirci una visione distorta di noi stessi” (Puig, 2014).

E la storia di Sisifo può anche insegnare come, spesso, “la fatica” di una situazione che grava sulle proprie spalle impedisca di osservare il problema da un’angolazione diversa, in quanto “il masso” costringe a guardare a terra per sostenerne il peso, mentre, quando la pietra rotola a valle, si ha almeno la possibilità di oggettivare il problema, provare a vederlo da un altro punto di vista e, soprattutto, riflettere su come affrontare la prossima salita…

 

Federico Polidori
Training Specialist, Role Playing Game Designer, Life Coach
Cologno Monzese (MI)
federicom18@libero.it

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