
Coach vs. ChatGPT
ChatGPT è l’argomento del momento.
Qualche settimana fa il NYT ha pubblicato un articolo di Noam Chomsky dal titolo “The False Promise of ChatGPT” nel quale il famoso filosofo spiega perché secondo lui l’intelligenza umana è più efficiente ed elegante. Qualche giorno fa Elon Musk ha chiesto una sospensione di 6 mesi alla sperimentazione perché l’intelligenza artificiale può causare gravi danni all’umanità. Qualche ora fa il Garante per la Privacy ha intanto bloccato ChatGPT in Italia per violazioni sul trattamento dei dati personali.
La domanda che si pose trent’anni fa John Whitmore nel 1992 nel suo celebre libro sul coaching COACHING FOR PERFORMANCE ritorna attualissima: “So does (human) Coaching have a future? What do you think ?”. Andiamo per passi.
Noi moderni sembriamo avere un vantaggio ineguagliabile rispetto a chi ci ha preceduto nelle epoche passate: possiamo usare le nuove tecnologie per trovare risposte. Chi ha visitato la casa di Giacomo Leopardi a Recanati ha potuto vedere che egli poteva disporre – tra le migliaia di libri collezionati dal padre – una copia dell’Encyclopedie Francaise, una sorta di Google di quei tempi. Oggi basta collegarsi al sito di OPENAI, creare un profilo lasciando i propri dati personali ed iniziare a scrivere sulla chat di che cosa si ha bisogno: nel giro di poco ChatGPT attiverà una conversazione interattiva e fornirà risposte, o anche una relazione compiuta, su misura secondo necessità.
Di questo passo potrà un computer sostituire integralmente gli esseri umani nella relazione di Coaching? Per adesso siamo agli inizi con l’A.I. ma si capisce già che questa innovazione avrà ampia portata. Quel che è certo è che l’A.I. può generare contenuti ma è incapace di estrarne valore e significato, di assumersi una qualche responsabilità. Fino a che l’A.I. non avrà una coscienza – cosa peraltro improbabile o semplicemente non richiesta – non sarà in grado di essere responsabile di quel che sta suggerendo. Senza contare che rivolgersi frequentemente a ChatGPT determinerà di fatto una sorta di dipendenza dalla quale la persona difficilmente riuscirà ad affrancarsi, grazie alla pervasività e alla facilità di accesso di questi strumenti (come è andata a finire con lo smartphone ?).
“I computer sono inutili. Sanno dare solo risposte”, diceva Pablo Picasso. Di fatto i chatbot sono proprio come l’oracolo di Delfi: sanno dare tante risposte ma mancano di vera analogicità umana.
Domanda (per Coach e ChatGPT): Cosa posso dare IO di diverso e di migliore?
Ogni richiesta di coaching nasce da una crisi di autogoverno. Krisis in greco deriva da “krino”, ossia distinguere; krisis è il momento cruciale, quando sta cominciando un cambiamento rilevante, in modo estremamente rapido. Senza un evento di krisis, e senza una reale volontà di attraversare questo passaggio (la cosiddetta mobilità), non può esservi un reale bisogno di intraprendere il coaching, e questo accertamento delle condizioni minime preliminari avviene nella cosiddetta fase di Check-in.
Diceva Albert Einstein: “La creatività nasce dall’ansia, così come il giorno nasce dalle notte oscura”.
Sentire l’esigenza di intraprendere un percorso di coaching rappresenta – per sé – un elemento essenziale che, se orientato opportunamente da un bravo coach, potrà fornire la spinta per oltrepassare quel blocco di autogoverno e per raggiungere traguardi inaspettati. Dalla krisis, dunque, si deve decidere autonomamente se si vuole uscire.
Domanda (per Coach e ChatGPT): quale è la migliore crisi che potrebbe capitarmi?
Ci vorrebbe un vero “saggio” a portata di mano, un coach che aiutasse a vedere le cose con occhi rinnovati…insomma un gigante, uno come Socrate, appunto. Con lui accanto le cose andrebbe diversamente, e ci avrebbe – di conseguenza – portato tutti a Delfi…ma perché proprio lì? Delfi era una città dell‘antica Grecia sede del più importante e temuto oracolo del dio Apollo. Situata sopra un rilievo, venne considerata per un millennio il centro del mondo, il cosiddetto “ombelico del mondo”, attirando fedeli da tutto il mondo antico che ponevano quesiti alla sacerdotessa del dio.
Apollo era considerato il dio dell’intelletto e della profezia. Delfi era un luogo dove arrivavano pellegrini da ogni angolo del mondo antico per avere risposte su questioni pubbliche e private. Il protocollo prevedeva che i fedeli portassero come sé una offerta e una capra, dalla cui mobilità durante il rito iniziatico si sarebbe intuito se il momento era propizio affinché il dio fornisse il vaticinio (avete mai provato a spostare una capra?)
Domanda (per Coach e ChatGPT): che nome ha la Capra ferma e immobile in mezzo al mio percorso evolutivo?
Il corso sul Professional Coaching ha affrontato le basi teoriche della comunicazione umana e i famosi 5 assiomi di Paul Watzlawick. Sembreranno anche concetti scontati, ma noi umani prima veniamo “visti”, poi “sentiti”, quindi “compresi”. E quello che diciamo non fa la differenza, ma come lo facciamo invece sì.
Una decina di anni fa ebbi l’occasione di visitare uno dei siti monastici più famosi del mondo: l’abbazia di Melk in Austria. Come in tutte le abbazie benedettine, anche a Melk si osserva “la Regola di San Benedetto”, dettata da Benedetto da Norcia nel 534 d.C. ai suoi seguaci e tuttora in vigore. Tutti credono che la regola sia “ORA ET LABORA” … E invece no: la regola della Regola è ASCOLTA. San Benedetto, infatti, nel Prologo ai 73 capitoli in cui si articola la Regola, dispone chiaramente così: “Ascolta, figlio mio, gli insegnamenti del maestro e apri docilmente il tuo cuore…”.
Per molti l’ascolto è uno spazio vuoto, noioso oppure debole; come umani abbiamo talmente disimparato ad ascoltare che chi è veramente in grado di farlo viene guardato con stupore o con sospetto.
Nel nostro mondo, sempre più pervaso dalle possibilità offerte dalla tecnologia di generare iterazioni che simulino il più possibile quelle umane, quelle umane nel frattempo si sono svuotate di umanità. Sono davvero pochi quelli che sanno ascoltare veramente e che sanno riservare uno spazio interiore confortevole, un vero e proprio “nido di fiducia”, come direbbe il mio collega di corso Francesco.
Domanda (per Coach e ChatGPT): qual è la mia personalissima regola n. 6 della comunicazione?
Socrate teneva in grande considerazione l’oracolo di Delfi, ma non lo capiva sempre fino in fondo, specie quando rispose che non c’era nessuno più saggio di Socrate.
Socrate sapeva che le parole dell’oracolo erano equivocabili, tali da generare fraintendimenti e, talvolta, anche guerre… Quale era dunque la chiave di lettura delle parole dell’oracolo nei riguardi di Socrate?
Osservando il frontone del tempio di Apollo e talune iscrizioni, si racconta che Socrate rimase colpito in particolare da una di esse: “Conosci te stesso”. La famosa scritta che campeggiava sul pronao del tempio di Apollo a Delfi, per secoli ha influenzato i più importanti pensatori della cultura occidentale, da Sant’Agostino a Kant. Socrate lo adottò come suo motto: ossia riconosci in primo luogo quello che sei. E’ la consapevolezza di non sapere che permette all’uomo di conoscere se stesso e quindi di conoscere quale è il modo più adatto per vivere felice. Esortando gli uomini al riconoscimento della propria condizione e limitatezza umana, Socrate definiva “sapiente” solo chi sa di non sapere e non si illude di sapere.
Domanda (per Coach e ChatGPT): chi sei tu?
La Teoria della ghianda è una suggestiva ipotesi avanzata dallo psicoanalista James Hillman. Si basa sull’idea che ognuno di noi, fin da bambino, porti dentro di sé l’immagine di quello che è destinato a diventare in futuro, per cui il Carattere innato porta inevitabilmente alla Vocazione e quindi a compiere un preciso Destino.
Anche Aristotele sosteneva che ciascun individuo ha una concezione personale del proprio benessere che si raggiunge attraverso una “buona vita”, l’Eudaimonia, la via per raggiungere la felicità: fare delle attività che sono in accordo con le nostre virtù e avere al contempo un fine più alto che ci muove.
E’ di fatto lo slogan “Diventa quello che sei”, coniato dal poeta Pindaro, ripreso poi da Jung e da Nietzsche, ossia la sostenibile attualità dell’Essere, cercando letteralmente di essere se stessi fino in fondo, ossia “par-ficere”. Il Coaching può essere uno dei modi, tra i tanti, per agevolare la persona a raggiungere la propria consapevolezza ed autorealizzazione.
Domanda (per Coach e ChatGPT): cosa mi manca per essere “fino in fondo” me stesso?
Ogni coach ha la sua storia personale, un suo stile originale e questo è importante affinché la relazione di coaching sia correttamente orientata e strutturata, ma soprattutto “autentica”.
Nel rispetto nelle norme e delle buone pratiche che lo regolano, ogni persona porta con sé una ricchezza di esperienze personali che la definiscono in modo identitario e distintivo.
Come spunto vi propongo il Manifesto creato nel 1988 da un architetto canadese, Bruce Mau, fondatore dell’Institute Without Boundaries che, con l’intenzione di ispirare le generazioni future di designers, pubblicò questo documento sviluppato su 43 punti denominato “An Incomplete Manifesto for Growth”.
Domanda (per Coach e ChatGPT): qual’è il mio Manifesto ?
Notte. Le ali sorvolano i tetti di Mykonos, quasi a rasarli: sembra di franare addosso ad un presepe illuminato da mille lucine. La cabina dell’aereo sembra un grande camerino volante, gremito di persone curatissime in attesa di sbarcare e sfilare in passerella subito dopo l’atterraggio.
Mio nipote viene spesso da queste parti per lavoro, e prima di andare in albergo mi ha suggerito di bere qualcosa al bar Sunset 180°, detto così per il panorama a centottanta gradi che si può godere da questa altura poco sopra la città vecchia, in mezzo a mulini a vento.
La musica rebetika accompagna quello spettacolo che è il cielo riflesso nel mare greco… ma non posso fare tardi: domattina presto ho un appuntamento importante e non posso far attendere. Ho noleggiato per l’indomani una barca per raggiungere un lembo arroventato e deserto di terra rocciosa, poco lontano Mykonos. Lo skipper che ho ingaggiato scrive che domattina le condizioni meteo dovrebbero essere favorevoli…incrociamo le dita; è vero che è poco più di un braccio di acqua, ma con il mare da queste parti non si scherza affatto (vero Odisseo?).
Mi torna alla memoria una frase di monaco buddista incontrato molti anni fa: “Mediante l’energia, la vigilanza, l’autocontrollo, la padronanza di sé, il saggio fa di se stesso un’isola che le onde non possono travolgere”.
Questa piccola isola, posta al centro della corolla dell’arcipelago delle Cicladi e mia meta da raggiungere, è stata per qualche millennio il fulcro del culto di Apollo e Artemide. Il mio appuntamento si chiama DELO, che in greco significa…)
Domanda finale (per Coach e ChatGPT): come si chiama la tua isola?
Fabio Frisio
Direttore HR e Human Capital coach
ffriso@libero.it
Padova
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