
Il Coaching nel metaverso: la tecnologia che facilita la relazione 3.0
Il 2020 sarà per sempre ricordato come l’anno del lockdown dovuto al Covid e l’anno della digitalizzazione “forzata”. Il lockdown ha involontariamente reso possibile la gestione “a distanza” – via internet – la maggior parte delle professioni, delle attività, delle interazioni che mai prima di allora si sarebbe immaginato di poter condurre da remoto. Gran parte di noi si è trovata improvvisamente chiusa in una dimensione spazio-temporale prima unicamente legata alla propria sfera personale – la propria abitazione – che è diventata contemporaneamente la sede del proprio lavoro, l’ufficio postale in cui pagare bollette, la palestra in cui compiere attività fisica e addirittura lo studio medico in cui effettuare visite, il tutto attraverso lo schermo del proprio PC o di uno smartphone. E così attraverso Microsoft Teams, Zoom, Google Meet, Skype e numerose altre piattaforme abbiamo iniziato ad interagire con gli altri e a costruire un tipo di relazione professionale attraverso un mezzo che fino a poco tempo prima era utilizzato quasi unicamente a scopo “di intrattenimento”. Per due anni abbiamo costruito legami dietro ad un monitor, abbiamo parlato, pianto, cantato, abbiamo lavorato, abbiamo portato avanti le nostre abitudini o ne abbiamo scoperte di nuove.
Il digitale/virtuale è diventato la NUOVA NORMALITA’ e indietro non si torna.
• Il coaching 2.0 in videoconferenza: pochi vantaggi e molti limiti
Anche le sessioni di coaching hanno dovuto inevitabilmente adattarsi a questo cambiamento tecnologico.
Eppure, anche se per molti risulta comodo poter gestire una sessione di coaching da casa, inserendola tra una attività e l’altra e riducendo anche i tempi dello spostamento verso la sede in cui si svolge l’attività del coach, ci sono molti aspetti negativi da tenere in considerazione.
• la visualizzazione è ridotta allo schermo attraverso il quale coach e coachee interagiscono. Coach e coachee vedranno solo una parte di sé stessi e gli aspetti della comunicazione non verbale che molto spesso facilitano la relazione e/o la comprensione vengono a mancare o sono limitati a eventuale gesticolazione di fronte alla webcam. Gli indizi non verbali vengono persi, distorti o ritardati.
• La sessione potrebbe essere anche interrotta o comunque influenzata da distrazioni dovute a interferenze esterne nella stanza in cui si trova il coachee. Nella sessione online ci si raccomanda di cercare uno spazio idoneo in cui si sia privacy ma i rumori intorno a sé sono difficilmente assenti.
• Le distrazioni sono spesso causate della vicinanza di oggetti tipo il telefono o l’orologio che in una sessione in presenza ci si raccomanda di non tenere a portata di mano ma che, a casa propria, inevitabilmente finiscono per rimanere in prossimità del coachee causando disattenzione.
• Nel corso della sessione via internet risulta difficile anche la percezione dell’ascolto attivo da parte del coach e il silenzio, che in presenza diventa uno “strumento potente” grazie al quale il coachee va alla scoperta delle proprie emozioni, nell’interazione online aumenta la distanza che il monitor già rende evidente.
• La sessione davanti ad un monitor assume anche una forzatura nella posizione che rende innaturale l’esperienza, così come è innaturale rimanere a lungo a guardare il volto di qualcuno in uno schermo, a distanza ravvicinata, e con contatto visivo prolungato, seppur intermediato dallo schermo. Recenti studi del Trinity College di Dublino pubblicati sul Journal of Voice hanno dimostrato un aumento delle patologie della voce legate al massiccio uso di telefoni e videoconferenze per lavorare a distanza e comunicare con i colleghi. La gola è affaticata e il respiro non è regolare, si tende ad utilizzare un tono di voce più alto quasi a voler colmare la distanza o per l’incertezza di essere compresi da chi ci ascolta
In questo rapporto “digitale” gli aspetti più negativi espressi da parte del coachee sono la difficoltà nel “sentirsi” ascoltato e guidato e la percezione della distanza.
• Una ideale sessione 3.0 di coaching nel Metaverso
Ora che abbiamo “accettato e fatto nostro” il mondo digitale 2.0, l’evoluzione tecnologica deve andare oltre e vale la pena di approfondire come stia evolvendo in web 3.0 e come questa nuova realtà possa addirittura risultare facilitante in un contesto come il coaching.
Questo nuovo ambito relazionale prende il nome di Metaverso, termine coniato da Neal Stephenson nel romanzo cyberpunk Snow crash (1992) per indicare uno spazio tridimensionale all’interno del quale persone fisiche possono muoversi, condividere e interagire attraverso personalizzati.
Secondo una previsione di Gartner – multinazionale americana che si occupa di consulenza strategica, ricerca e analisi nel campo della tecnologia dell’informazione – nel 2026 il 25% delle persone trascorrerà almeno un’ora al giorno nel Metaverso per lavoro, shopping, istruzione, socialità o intrattenimento.
Avendo dunque assistito ad una digitalizzazione accelerata in qualsiasi contesto lavorativo ritengo possa essere estremamente interessante valutare come anche le sessioni di coaching possano trarre beneficio da questo nuovo contesto.
• Il setting nella realtà virtuale
Nel Coaching il setting, inteso come contenitore mentale, materiale e relazionale che ha lo scopo di rendere quanto più funzionale possibile la relazione tra coach e coachee, deve essere accogliente, immune a qualsiasi interferenza e garantire il massimo della privacy e della riservatezza. Il Metaverso “risolve” le mancanze del mondo tecnologico 2.0 offrendo la possibilità di crearsi uno spazio totalmente immersivo in cui coach e coachee si possono muovere a 360°. Per ciascuna sessione idealmente sarà possibile personalizzare l’ambiente rendendolo adatto a mettere a proprio agio il coachee, adattandolo al mood o all’obiettivo della sessione.
Immaginate di poter personalizzare la stanza in cui “incontrate il coachee” sulla base delle sue preferenze e dello stato emotivo sul quale intende lavorare o dal quale parte: sicuramente la sessione sarà fortemente facilitata!
Coach e coachee potranno accedere a questo mondo virtuale attraverso l’utilizzo di visori per la realtà virtuale tipo HoloLens o MetsQuest, indossando la tuta aptica che trasmette sensazioni tattili, consente la percezione del calore e anche il dolore e potranno muoversi utilizzando tapis roulant omnidirezionali che consentiranno di percepirsi “immersi” nella realtà virtuale e di focalizzarsi sul qui e ora, consolidando la loro relazione empatica anche in questa dimensione virtuale.
Uno dei vantaggi aggiuntivi di muoversi nel Metaverso è il fatto che due persone possono stare una accanto all’altra, nonostante siano a chilometri di distanza, e lavorare su una lavagna digitale con post-it o pennarelli digitali.
• La scelta del proprio avatar
La rappresentazione di sé stessi attraverso un avatar rimuove l’ansia associata al vedersi nello schermo e all’imbarazzo in caso di capelli non a posto o casa non in ordine nello sfondo che è stata propria di sessioni via Microsoft Teams, Zoom, Google Meet, Skype… L’avatar facilita anche temi di diversity e inclusion: tutti gli attori saranno sullo stesso piano e si potranno sentire di esprimere sé stessi al 100%. L’effetto degli avatar sul comportamento delle persone è noto come effetto Proteus. L’effetto Proteus aumenta l’empatia e riduce le barriere al coinvolgimento all’interno dei gruppi sociali. L’uso degli avatar aiuta a cancellare i pregiudizi subconsci e il classismo livellando il campo di gioco dell’uguaglianza. Puoi modificare l’età, il tono della pelle e altri indizi visivi in tempo reale.
Un altro aspetto di questo impatto è la facilità con cui ci si può mettere nei panni di un’altra persona e vivere la sua esistenza. Puoi persino adottare le loro caratteristiche. Studi in corso su casi di sessioni di psicoterapia e/o di coaching nel Metaverso stanno dimostrando che questa dimensione mediata dall’avatar facilita ancor più l’apertura da parte di alcuni soggetti che nel rapporto faccia a faccia vengono frenati dalla timidezza o da un disagio proprio. L’avatar in questi casi non scherma le emozioni ma ne facilita l’espressione. In questi casi la tecnologia diventa facilitatrice della manifestazione delle emozioni e rende ancor più autentico il rapporto tra coach e coachee. Nel Metaverso la scelta dell’avatar e la modifica di alcuni tratti dello stesso come scelta del coachee nel corso della sessione o del percorso di coaching sarà la prossima evoluzione. L’evoluzione del coachee potrà manifestarsi idealmente anche attraverso la trasformazione del proprio avatar.
• La cassetta degli attrezzi del coach nel Metaverso
La realtà Virtuale può risultare un valido supporto in una sessione di coaching grazie alla possibilità di accompagnare il coachee in esercizi immersivi che consentono di far percepire il presente focalizzando la sua attenzione totalmente sulle sensazioni provate nel qui e ora.
Disegni 3D e realtà immersiva: Pensiamo ora alla fase elaborativa di una classica sessione di coaching in cui il coach accompagna il coachee verso l’obiettivo attraverso un dialogo e/o un work-in e guida il coachee verso il futuro desiderato e immaginiamo quanto può essere funzionale alla riuscita di questo processo di facilitazione della mobilità del coachee fargli vivere in un contesto totalmente immersivo questa esperienza.
Gli strumenti fisici utilizzati nello studio di un coach o comunque portati da un coach in una sessione di coaching (fogli di carta, colori, carte motivazionali, oggetti, profumi, mattoncini Lego®) nel Metaverso si trasformano in esperienze sensoriali. Anziché usare la visualizzazione astratta il coachee potrà immergersi nella realtà 3D rappresentata, percependo le sensazioni che prova in tale contesto da poter riportare nel dialogo con il coach. Immaginiamo quanto possa essere potente per il coachee poter disegnare in uno spazio 3D la strada che porta al proprio obiettivo, aggiungendo gli elementi o le persone che possono essere di ostacolo e/o coloro che, al contrario, possono facilitare il raggiungimento della meta prefissata.
Nel Metaverso la risposta alla domanda del coach “Quale sensazione ti suscita?” è la verbalizzazione di emozioni, impressioni, sentori realmente provate e percepite con tutti i sensi (o quasi).
E una delle tecniche più note ed efficaci nelle sessioni di coaching, il teletrasporto o macchina del tempo, consentirà al coachee di trasferirsi realmente in una stanza virtuale che rappresenta il luogo in cui il coachee avrà vissuto la situazione realizzata e potrà descrivere il proprio stato in virtù dell’essere anche sensorialmente in quel momento “presente nel futuro desiderato”.
VirtualSpeeches: Una delle paure più comuni è parlare in pubblico. La realtà aumentata e/o il Metaverso possono aiutare a far sì che il coachee possa davvero “vivere l’esperienza” di parlare in pubblico immergendosi in una sala piena di gente per mettersi alla prova in uno spazio virtuale ma con tutte le caratteristiche di quello reale, riuscendo a provare tutte le emozioni e le sensazioni che proverebbe in una sala meeting. VirtualSpeeches è una piattaforma di contenuti VR che possono essere definiti stanze esperienziali in cui il coachee può muoversi a 360° e vivere l’esperienza che nella vita reale risulta critica all’interno di questa realtà virtuale, percependo dunque tutte le sensazioni di ansia e/o paura e superandole. Immaginate quanto possa essere potente poter effettuare questo tipo di esperienza facendola seguire ad una classica sessione di coaching in cui il coachee può esplorare cosa è successo nella circostanza critica del discorso in pubblico e le sensazioni provate.
Bodyswaps: Si tratta di una VR app che consente di lavorare sull’abilità di cambiare prospettiva mettendosi nei panni degli altri. Questa applicazione nella realtà virtuale consente di affrontare simulazioni di esperienze che possono essere critiche (es. un colloquio di lavoro, parlare in pubblico, affrontare una discussione con un superiore…) grazie all’utilizzo di avatar e personalizzando la stanza in modo da poter riprodurre l’ambito in cui nella realtà il coach deve/dovrà affrontare una situazione che riporta come critica. Ma oltre a questo consente poi di vedere la scena da un’altra prospettiva ponendosi poi dalla parte di chi “vede o interagisce” per far percepire il proprio comportamento da una prospettiva diversa.
• Intelligenza emotiva e Pensiero laterale 3.0
Quando si parla di evoluzione tecnologica si tende a viverla come una minaccia per l’uomo, associando erroneamente la trasformazione con la sostituzione delle “macchine” all’’individuo. Al contrario molti studi dimostrano come le tecnologie immersive, VR, AR e mixed reality, incentivano lo sviluppo di una Intelligenza emotiva valorizzando le caratteristiche di ogni singola risorsa, oltre che agevolando un apprendimento emotivo. Calarsi nella situazione, mettersi nei panni degli altri, aiuta a sviluppare un sentimento di condivisione proprio grazie alla realtà virtuale, alla cosiddetta macchina dell’empatia. Questo ci riporta al concetto di pensiero laterale, termine coniato dallo psicologo Edward De Bono, ovvero una modalità di risoluzione di problemi logici che prevede un approccio particolare, come l’osservazione del problema da diverse angolazioni, contrapposta alla tradizionale modalità che prevede concentrazione su una soluzione diretta al problema. La realtà virtuale è stata pubblicizzata come la “macchina perfetta per la generazione dell’empatia” ma molte analisi sono ancora in corso per verificare la veridicità di questa affermazione. Alcuni hanno infatti affermato che la Realtà Virtuale aumenterebbe il grado di empatia facendo sperimentare alle persone virtualmente com’è trovarsi nella situazione di qualcun altro, consentendo, dunque, agli utenti di vedere e ascoltare come se stessero sperimentando il punto di vista di qualcun altro nel mondo reale, in altre parole, di avere una “esperienza incarnata”.
Immaginate quanto potrebbe essere efficace per un coachee in una sessione di coaching se applicato alla gestione delle convinzioni (scala di inferenza).
Come possiamo affermare che la tecnologia immersiva incentivi il processo creativo? Di sicuro apprendere attraverso una modalità totalmente coinvolgente offre la possibilità di visualizzare concetti che altrimenti ci apparirebbero astratti, sperimentare diverse soluzioni al problema senza il timore di conseguenze dirette (rischi, sicurezza, investimenti).
Conclusioni
Con questo articolo ho voluto evidenziare quanto possa essere affascinante il Metaverso immaginando di poter sfruttare la realtà virtuale a supporto del coaching tradizionale per andare a sanare quelle mancanze che si sono rivelate nella gestione di sessioni di coaching in videoconferenza.
La tecnologia è un valido alleato purché rispetti un codice etico e a tal proposito ICF nel codice etico alla Sezione I – Responsabilità verso i Clienti indica: “(…) mi adopero a fare un uso adeguato di tutte le nuove tecnologie sviluppate per essere utilizzate nei servizi di coaching (servizi di coaching dalla tecnologia) e di essere consapevole di come i vari standard etici sono ad esse applicabili.”
La scelta di questo argomento è dovuta alla mia innata voglia di sfruttare la tecnologia per migliorare la mia esistenza e quella di chi mi circonda: sono convinta che il Metaverso possa essere un importante catalizzatore per facilitare la sessione di coaching, una tecnologia abilitante che potrebbe facilitare l’empatia e la relazione anche “a distanza” grazie alla possibilità di percepire sensorialmente la vicinanza del coachee e di interagire in un rapporto paritetico facilitato da strumenti innovativi.
Oggi sembra una tecnologia “per pochi eletti” ma abbiamo visto quanto è rapida l’evoluzione tecnologica e in futuro se qualcuno dei miei coachee riterrà che l’accesso nel Metaverso possa essere uno strumento di facilitazione per raggiungere il proprio obiettivo voglio essere pronta a poterlo inserire nella mia cassetta degli attrezzi…virtuale!
Emanuela Bazzoni
IT Digital Manager & Professional Coach
Milano
emanuela.bazzoni@gmail.com
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