Categoria: Le molecole delle emozioni: viaggio alla scoperta delle interrelazioni tra emotività e biologia

Categoria: Le molecole delle emozioni: viaggio alla scoperta delle interrelazioni tra emotività e biologia

Le molecole delle emozioni: viaggio alla scoperta delle interrelazioni tra emotività e biologia

Tre mesi fa, un venerdì mattina, sono entrata in un’aula a Milano per cominciare un programma di formazione professionale di coaching evolutivo, carica di curiosità e soddisfazione per il regalo fatto a me stessa.

La settimana dopo, un venerdì mattina, mi sono sdraiata a pancia in giù sul lettino di un osteopata, carica di un doloroso mal di schiena lombare “da stress”.

Questo è l’inizio del mio viaggio alla scoperta dell’epigenetica, della psiconeuroimmunologia e delle connessioni mente-corpo-ambiente, un’avventura fatta di scoperte, approfondimenti e condivisioni che, ad ogni incontro, alimenta la pila di libri da leggere sul mio comodino.

Ma andiamo con ordine, tornando a quel lettino dove, sentendo sciogliere fasci muscolari lombari, ho ascoltato di come pensieri ed emozioni possano avere impatti diretti sulla salute cellulare e, quindi, sull’intero organismo.

L’epigenetica. Una branca della biologia che studia le modifiche nell’espressione dei geni che avvengono senza cambiamenti nel DNA.

Un pioniere in questo campo è Bruce Lipton, biologo cellulare statunitense, già responsabile del dipartimento di medicina della Stanford University, autore del bestseller “Biology of Beliefs”, un’opera divulgativa affascinante che quasi 20 anni fa sfidò le convinzioni tradizionali sulla relazione tra geni e ambiente, sostenendo il nostro sistema di credenze svolge un ruolo fondamentale nella determinazione del nostro destino biologico.

Il termine “epigenetica” indica qualcosa che si colloca al di “sopra” dei geni (in greco il prefisso “epi” significa “sopra”) e dunque del DNA e della sequenza di basi azotate di cui è composto.

In passato si pensava che l’espressione dei geni, cioè il modo e la frequenza in cui l’informazione in essi contenuta viene letta e tradotta in proteine, fosse determinata esclusivamente dalla sequenza dei geni stessi e di parti contigue “scritte” nel DNA, abituati a pensarlo come qualcosa di fisso e immutabile con geni auto-attuativi in grado di accendersi e spegnersi da soli.

Come risultato, la maggior parte delle persone ancora tutt’oggi si ritengono robot genetici: i geni controllano la nostra vita.

Le ricerche più moderne, invece, a partire da Lipton, rivelano che noi “controlliamo” il nostro genoma, anziché esserne controllati: un concetto che riporta alla mente l’Agentivity di Bandura, intesa come capacità di un individuo di agire in modo intenzionale, influenzando attivamente il proprio ambiente e le esperienze personali.

Dentro ognuno dei nostri corpi ci sono miliardi di ceppi cellulari, il corpo umano rappresenta lo sforzo cooperativo di una comunità di cinquantamila miliardi di cellule, un’organizzazione di individualità impegnate a sostenere una visione comune.

Cooperazione e comunità sono principi fondamentali della biologia cellulare: un organismo ed il suo ambiente interagiscono in modo cooperativo, tale per cui se si vuole capire il destino di un organismo, occorre capirne le relazioni con l’ambiente.

Le informazioni provenienti dall’ambiente sono trasferite alla cellula attraverso la membrana cellulare, che ne controlla le condizioni ed invia segnali ai geni per innescare processi che serviranno alla sua sopravvivenza.

Il cervello poi invia messaggi alla membrana cellulare per controllare il comportamento e l’attività genetica della cellula. È così che la mente controlla la nostra biologia.

Quando la mente percepisce l’ambiente come sicuro e amichevole, le cellule si focalizzano sulla crescita affinché il corpo continui a funzionare in modo sano.

Al contrario, in situazioni di stress, le cellule assumono un atteggiamento di difesa e le risorse energetiche del corpo, normalmente impiegate per sostenere la crescita, vengono dirottate ai sistemi che forniscono protezione: il risultato è che in un sistema stressato i processi di crescita sono limitati o sospesi.

Nei casi di breve stress acuto l’organismo è in grado di adattarsi, mentre uno stress cronico o prolungato è debilitante, perché le richieste energetiche del corpo interferiscono con la manutenzione richiesta, e ciò può portare a patologie e disfunzioni.

In situazioni normali, il sangue fluisce al cervello concentrandosi soprattutto nel proencefalo, la sede del controllo conscio.

Nelle condizioni di stress, le vene del proencefalo si restringono, costringendo il sangue a dirigersi verso il rombencefalo, il centro dei riflessi inconsci: la paura fa sì che gli ormoni dello stress modifichino il flusso del sangue nel cervello.

In poche parole: quando abbiamo paura, diventiamo più reattivi ma meno intelligenti!

L’informazione dello stress può quindi arrivare alla cellula dalle due menti separate che formano la voce centrale che controlla il corpo: la mente conscia dell’io pensante (auto-consapevole), creativa, espressione del libero arbitrio e l’equivalente di un processore a 40 bit che può gestire le informazioni provenienti da circa 40 nervi al secondo, oppure la mente inconscia, un supercomputer provvisto di un database di comportamenti pre-programmati con un processore a 40 milioni di bit, che interpreta e risponde a più di 40 milioni di impulsi nervosi al secondo.

Alcuni programmi derivano dalla genetica: i nostri istinti.

Ma la grande maggioranza dei programmi inconsci vengono acquisiti attraverso le nostre esperienze di apprendimento, e la mente inconscia, quella “veloce”, non è la sede del ragionamento o della consapevolezza creativa, ma è un meccanismo rigido che attiva per riflesso una reazione prestabilita, un comportamento che avviene senza controllo dell’io conscio.

I neuroscienziati hanno scoperto che più del 95% dei nostri comportamenti sono sotto il controllo della mente inconscia: di conseguenza, è raro che li osserviamo o che ne siamo consapevoli.

Ma siamo stati educati a credere che usando la forza della volontà possiamo annullare i programmi negativi del nostro inconscio.

Per riuscirci è necessario aumentare il grado di vigilanza sul nostro comportamento perché non appena la consapevolezza viene meno, la mente inconscia mette automaticamente in atto i suoi programmi preregistrati, basati sull’esperienza, senza alcuna distinzione tra comportamento inconscio buono e cattivo: sono tutti automatismi.

L’uso della sovrascrittura di consapevolezza fornisce un modo per comunicare con le cellule del corpo, gettando il ponte verso la biologia trasformativa: le nostre emozioni, le nostre convinzioni ed i nostri pensieri hanno impatti tangibili sulle nostre cellule, influenzando la nostra salute fisica e mentale fino a determinare il corso delle malattie.

L’American Cancer Society ha pubblicato una statistica secondo cui solo circa il 5% dei casi di cancro ha legami con la genetica; il 95% non ha nulla a che fare con essa ed il 60% dei casi di cancro si può evitare cambiando stile di vita.

La psiche che controlla la neurologia che a sua volta sovrintende il sistema immunitario oggi è una disciplina nelle scienze della salute: la psiconeuroimmunologia.

Candace Pert, neuroscienziata, farmacologa e ricercatrice della John Hopkins University, prematuramente scomparsa, nel libro “Molecules of Emotion: The Science Behind Mind-Body Medicine” ha condotto una rivoluzionaria esplorazione delle interconnessioni mente, corpo ed emozioni, presentando una visione innovativa sulla comunicazione chimica che avviene nel nostro corpo.

Nel 1970, in seguito ad una caduta da cavallo che le procurò lo schiacciamento di una vertebra lombare, per alleviare il dolore le venne somministrato per alcune settimane un farmaco contenente un derivato della morfina, che le alterò la capacità di concentrarsi, facendole provare un’euforia che «rasentava l’estasi». Constatando l’influenza delle droghe sul cervello, colse l’incentivo ad intraprendere studi sul rapporto mente-corpo, giungendo a scoprire i recettori degli oppiacei ed un oppiaceo naturale prodotto dal nostro organismo, l’endorfina.

Grazie a queste ricerche, è stato possibile indagare come le proteine peptidiche interagiscono all’interno del cervello e quale influenza abbiano sul corpo umano.

I peptidi sono innumerevoli e, a seconda delle loro funzioni, hanno diversi nomi, ma Pert preferisce indicarli con il termine “sostanze informazionali” in quanto «la loro funzione comune, è quella di molecole-messaggeri, incaricate di distribuire le informazioni in tutto l’organismo».

La maggior parte dei peptidi si trova nel sistema limbico del cervello, in cui sono presenti i circuiti emozionali. Ma sono anche distribuiti in tutto il corpo: per esempio, nel midollo spinale. E concentrati in zone definite punti nodali, punti di scambio informativo lungo il nostro corpo.

Pert sostiene che le emozioni ed i pensieri sono collegati alla trasmissione di neuropeptidi. Essi partono dal sistema limbico ed arrivano – attraverso sangue e liquido celebrale – alle cellule di tutto il corpo. Lì, entrano in contatto con specifici recettori posti nelle membrane cellulari.

I neuropeptidi agiscono come ponti tra mente e corpo. Influenzano percezione e risposta agli eventi esterni: in questo modo, le emozioni e le sensazioni corporee sono strettamente intrecciate in una rete bidirezionale in cui ciascuna di esse può modificare le altre.

I neuropeptidi ed i loro recettori si uniscono al cervello, alle ghiandole e al sistema immunitario in una rete di comunicazione che, a detta della Pert “probabilmente rappresenta il substrato biochimico delle emozioni”.

Inoltre, «la mente è ciò che tiene insieme la rete, agendo spesso al di sotto della coscienza, collegando e coordinando i sistemi principali, con i relativi organi e cellule, in una sinfonia di vita orchestrata con intelligenza. Quindi potremmo definire l’intero sistema come una rete psicosomatica di informazioni, che unisce la psiche, comprendente tutto ciò che è di natura non materiale, come mente, emozione e anima, al soma, che è il mondo materiale delle molecole, delle cellule e degli organi. Mente e corpo, psiche e soma».

A guidare il nostro organismo è «una forza intelligente: […] è una intelligenza sottoforma di informazioni che affluiscono a tutti i sistemi, determinandone il comportamento». Per di più «questo flusso di informazioni […] è la prova che il corpo è la manifestazione esteriore della mente nello spazio fisico» e che la mente non è legata solo al cervello, ma a tutto il corpo.

Le emozioni hanno un ruolo non indifferente in questo sistema di comunicazione, perché «sono segnali cellulari coinvolti nel processo di traduzione delle informazioni in realtà fisica, che trasforma letteralmente la mente in materia. Le emozioni nascono nel punto di congiunzione fra materia e mente, passando dall’una all’altra in tutti e due i sensi e influenzandole entrambe».

Stati d’animo, emozioni e neuropeptidi sono coordinati in modo da influire sul corpo: i ricordi di esperienze vissute con determinate emozioni, quindi la memoria, riflesse ed archiviate nella chimica corporea in una complessa memoria cellulare.

Ad oggi, sono svariati gli esperimenti che hanno dimostrato come le droghe agiscano sulla memoria, e come i neuropeptidi, le nostre droghe endogene, modellino i nostri ricordi.

L’aspetto chiave riguarda la sottolineatura di come il nostro stato emotivo influisca sulla nostra salute fisica. E l’importanza dell’autoguarigione come potere dell’individuo di influenzare la propria salute attraverso la gestione delle emozioni.

Una sottolineatura filo rosso dell’opera di Joe Dispenza, medico, autore e conferenziere di fama internazionale che nel libro “You Are the Placebo” apre una finestra sulla potenza della mente umana nel controllare il benessere fisico, dove la consapevolezza del sé ha un ruolo chiave, poiché una mente ben addestrata è più incline a rispondere positivamente alle aspettative di guarigione.

Moltissimi studi hanno dimostrato l’efficacia dei placebo nello scatenare reazioni fisiche corporee come la riduzione del dolore, la diminuzione dell’ansia e persino il potenziamento del sistema immunitario, effetti legati alla convinzione del paziente che il trattamento funzioni.

In questo contesto, Dispenza introduce il concetto di neuroplasticità, la capacità del cervello di cambiare e adattarsi nel corso della vita attraverso pratica ed allenamento mentale al fine di creare nuove connessioni neurali che portino a comportamenti, abitudini e risultati desiderati.

Nel farlo, l’autore incoraggia la visualizzazione creativa, un processo in cui le persone immaginano vividamente il loro futuro desiderato. E promuove l’idea che – focalizzando attenzione ed energia sulla creazione consapevole della propria realtà, si generino cambiamenti epigenetici.

Un concetto sovrapponibile alla visualizzazione dello scenario di futuro desiderato della pratica di coaching evolutivo, in cui il coach guida il coachee nel visualizzare i suoi obiettivi e sviluppare un piano d’azione per raggiungerli: un approccio che riconosce al potenziale umano il potere d’influenzare la realità.

Studi ed intuizioni affascinanti, che superano gli schemi mentali tradizionali per provare che la realtà è flessibile ed influenzabile, che il futuro non è preordinato ma plasmabile da scelte ed azioni individuali, che la mente e la percezione umana sono più potenti di quanto pensiamo e che la consapevolezza ed il cambiamento personale svolgono un ruolo cruciale nell’influenzare direttamente la biologia, il benessere e l’ambiente.

Assunti alla base del coaching evolutivo. Ausili efficaci nella gestione consapevole della crescita e dei cambiamenti, per navigare lungo le fasi di transizione nella vita tenendo la barra fissa sulla valorizzazione del nostro potenziale umano.

Perché i cambiamenti nel corso della vita, grandi o piccoli, sono inevitabili. Un’evidenza che Spencer Johnson racconta nel libro “Who Moved My Cheese?”, la storia semplice ma potente che ruota attorno a due topi, Sniff e Scurry, e due esseri umani, Hem e Haw, che vivono in un labirinto e dipendono dal formaggio per il loro benessere e la loro felicità: il formaggio è ciò che desiderano nella vita. Quando un giorno scoprono che è sparito, i topi d’istinto si mettono subito alla ricerca di nuovo formaggio, mentre gli umani si sentono spaventati, incerti su cosa fare, e ragionano. Hem è riluttante a cambiare e crede che il formaggio debba tornare da solo. Haw inizia a esplorare il labirinto alla ricerca di nuovo formaggio.

Ogni cambiamento può essere abbracciato. Farlo significa lavorare sulla mentalità, imparare ad affrontare le paure e ad esplorare nuove opportunità. Uscire dal passato, dal desiderio che tutto torni come prima, focalizzandosi sul qui ed ora, sviluppando flessibilità e adattandosi ad affrontare le sfide: apprendere e crescere.

Temi di coaching evolutivo, di accompagnamento al cambiamento: abbracciandolo, percependone l’opportunità, fissandone gli obiettivi e creando un piano d’azione per trovare nuovo “formaggio” nella vita.

 

 

Valentina Nobile

Professional Life Coach
Milano
nobile.valentina@gmail.com

 

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