Categoria: La luce in fondo al tunnel non è illusione, il tunnel lo è – Breve storia di una crisi di autogoverno

Categoria: La luce in fondo al tunnel non è illusione, il tunnel lo è – Breve storia di una crisi di autogoverno

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La luce in fondo al tunnel non è illusione, il tunnel lo è – Breve storia di una crisi di autogoverno

Sono una viaggiatrice, da sempre. Una ricercatrice, per vocazione. Una curiosa. Negli ultimi mesi ho intrapreso un lungo viaggio, un viaggio avventuroso, alla Julius Verne. Un viaggio dei più misteriosi, l’unico che valga la pena di fare, almeno una volta nella vita. Il viaggio dentro di sé.

Conosci te stesso, dicevano gli antichi, perché se non riuscirai a trovare dentro di te quello che cerchi, non riuscirai a trovarlo nemmeno fuori. Come genere umano cresciamo per processi imitativi, trovando fuori di noi, nella nostra famiglia e poi nel mondo, dei necessari punti di riferimento. In un certo senso siamo tutti figli del nostro tempo, è il collettivo che ci fornisce dei modelli. Certo che, senza un ancoraggio profondo nella nostra propria ed unica essenza, questo processo di crescita può rischiare di divenire un mero esercizio di stile, un conformarsi ad una o più maschere.

Nell’interpretare ruoli può accadere, presto o tardi, di sentire emergere una strana sensazione che non solo non sappiamo nominare, ma talvolta può essere così disturbante, da toglierci serenità. Questo almeno è quanto è successo a me, ad un certo punto, e non saprei neppure esattamente dire quando, ha cominciato a strisciare un sottile disagio, una sorta di disallineamento da me stessa. E giorno dopo giorno, sono andata avanti con la mia personale commedia dell’arte, fino a non sapere più chi ero e perché stavo vivendo la mia vita.

 

1. Il Viaggio – Andata

“Un giorno Alice arrivò ad un bivio sulla strada e vide lo Stregatto sull’albero.
Che strada devo prendere? chiese.
La risposta fu una domanda: dove vuoi andare?
Non lo so, rispose Alice.
Allora – disse lo Stregatto – non ha importanza”

Come Alice, un giorno di febbraio dello scorso anno, mi sono trovata ad un bivio senza più sapere dove andare. Di fronte al bivio è richiesta una scelta. Una scelta coraggiosa, oltre la paura dell’ignoto. La scelta, non è fuori, a destra o a sinistra, bensì dentro, dentro la nostra grande oscurità, la nostra caverna, il nostro buco nero.

Ho deciso di dedicare questa riflessione proprio a lei, a quella che in gergo tecnico viene chiamata “crisi di autogoverno”. Quel momento in cui ci fermiamo, andiamo in stallo, incapaci di andare avanti, di scegliere la direzione, gomme sgonfie e serbatoio vuoto. Ma il serbatoio sarà vuoto davvero o siamo solo abituati a pensarlo tale?

La società moderna vede con diffidenza l’incertezza, giudica negativamente la confusione, fin da piccoli ci addestra alla vittoria, alla ricerca del successo. La crisi è qualcosa di cui vergognarsi, il segno dell’insuccesso. Qualcosa da nascondere financo a sé stessi. Bisogna raggiungere “il traguardo”, che sia la famiglia, la carriera, i figli, la casa non conta. Come se la vita fosse una lista della spesa. Questo ci insegnano, ad essere appagati da risolvere problemi, da raggiungere obiettivi. Ma da dove provengono questi problemi? Chi ha posto questi obiettivi? Cosa c’è di davvero nostro in quello che facciamo?

Una mia insegnante del Liceo soleva ripetere, sospendi il giudizio. Non capivo il significato profondo del suo invito. Se non sai cosa pensare a riguardo di una certa cosa rilassati e sospendi il giudizio. Osserva. Fermati e osserva. Mi sono fermata. Mi sono seduta in panchina con l’unico obiettivo di sentirmi e cominciare a capirci qualcosa.

Mi sentivo persa, sconfitta, triste. Stanca di lottare. Ho avuto paura. Paura di quello che mi stava succedendo, il mio mondo crollava intorno e io non sapevo cosa fare. Nulla di quello che avevo amato, concretizzato, costruito pareva avere valore, non riuscivo più a riconoscerlo come mio. Quando ci accade questo, è determinante mantenere i nervi saldi, fare un bel respiro e soprattutto non dare giudizi sommari. Perché percepire la crisi di autogoverno è, a suo modo, un grande successo, davvero, e può costituire il primo passo per acquisire consapevolezza. L’occasione di concedersi la libertà del dubbio, prendersi del tempo per conoscersi più da vicino, per aggiornare concretamente la percezione che abbiamo di noi stessi e di ciò che ci rende felici. E non c’è nulla di sbagliato e di patologico nel non avere le risposte. Ci vuole tempo, ed è sano prenderselo e lavorarci su, senza drammatizzare, senza arrabbiarsi, senza sentirsi dei perdenti.

Mi sono presa il mio tempo e qualcosa dentro di me ha cominciato a parlare e a suggerire di rimanerci dentro a quel buco nero, magari, a forza di stare nel buio, i miei occhi si sarebbero abituati e avrebbero cominciato a vedere cose che non riuscivo a vedere, o a vederle da un’altra prospettiva. Per questo scrivo questa lode alla crisi di autogoverno. È un passaggio che va affrontato, e si manifesta per quello che è veramente: un vero e proprio dono di amore e cura di sé, un serbatoio pieno di benzina, anche se trasformare il petrolio è un lavoro sporchissimo. Prendersi la libertà di sentirsi perduti crea le condizioni ideali per prendere consapevolezza e padronanza di sé, fornendo elementi concreti verso l’autodeterminazione e la responsabilità della propria felicità.

Abbracciare la propria crisi significa abbracciare tutto il nostro potenziale, conosciuto e non, significa abbracciare noi stessi completamente e cominciare a fidarsi del nostro coach interiore, sicuri che ci condurrà dove desideriamo.

Vagare apparentemente senza obiettivo, alla sola conoscenza di me, e lasciarmi andare senza avere paura è stato un risveglio a me stessa, così come imparare a stare nello spazio vuoto di tutto quello che in noi crea disagio, di tutto quello che non ci sembra all’altezza, di ciò che non vogliamo vedere e sentire. Quanta energia, quanto valore e quante possibilità ci sono in quel silenzio. Lì dentro c’è tutto quello di cui abbiamo bisogno per riprendere fiducia in noi stessi. Lì c’è soprattutto la voce interiore, quella parte di noi che non si lascerà mai corrompere dal dolore e dai compromessi e dalle allettanti attrattive del mondo esteriore, dei suoi modelli, e le lusinghe cui cedono volentieri le nostre parti più fragili e ferite. E l’una e le altre in una perfetta integrazione e cooperazione ci rendono proprio quegli esseri unici ed autentici a tutto tondo. E quella voce inviolata emerge da quel silenzio, viene nutrita dalla fiducia, e se vogliamo ascoltarla, ci parla. Vuole essere ascoltata, con urgenza crescente, perché vuole vivere attraverso di noi.

Ho cominciato a ricordare che fin da piccola il mio desiderio più forte era di essere libera ed indipendente. In qualche modo la mia carriera è stata la risposta a quella voglia di indipendenza, ma a caro prezzo. Ho raggiunto l’indipendenza economica, ma l’indipendenza economica, ripeteva la voce interiore, è solo una piccola parte del mio sogno di bambina. Ebbene, giorno dopo giorno quella voce interiore, ha cominciato a suggerire cosa le piaceva, cosa no, cosa insomma, e piano piano ha cominciato ad esprimersi sempre più chiaramente, finché una mattina mi ha detto che voleva tempo libero per leggere libri, scrivere e per cercare un corso di coaching. Stando attenta a non beccare una sola.

 

2. Il Viaggio – Ritorno

Come in tutte le belle storie, ad un certo punto arriva un alleato. Nella mia storia personale quest’alleato ha due occhi sagaci dietro gli occhiali, un cuore grande e si chiama Susanna.

Susanna c’è sempre nei momenti importanti, ed è grazie a lei che ho potuto fare questa esperienza. Mi ha aiutato, agli inizi della carriera a trovare fiducia in me stessa e nel corso degli anni, anche stando separate, ha continuato ad infondermi coraggio e a farmi sentire meno sola. E anche stavolta mi ha aiutato a trovare lo strumento giusto per me, un metodo e un approccio pragmatico, nella ricerca personale, che ha dato grandi frutti in questi mesi.

Nel Metodo C.A.R.E.® ho ritrovato, quasi magicamente, tutti i passaggi che stavo sperimentando. La crisi, la necessità di essere consapevoli e responsabili della propria felicità, l’autodeterminazione a raggiungere i propri obiettivi, concretizzandoli in un piano di azione e riportando sempre a sé, la rilevanza e la responsabilità delle scelte. La necessità del silenzio come spazio creativo. La ricerca personale, il radicamento in sé stessi è un viaggio in solitaria, ma la presenza di un coach facilita e velocizza il percorso. Certo, nessuno può fare il lavoro al posto nostro, ma una relazione facilitante scalda e attiva competenze che non credevamo neppure di avere. Quanto è liberatorio non sentirsi giudicati, ma ascoltati, accolti. Quanto è liberatorio ascoltare e facilitare senza avere l’ansia di risolvere un problema. In questi mesi, mi sono arresa a me stessa. E questo non vuole dire che in maniera autoindulgente abbia rinunciato a migliorarmi. Al contrario, ho grande fiducia di poterlo fare, in maniera rispettosa e gentile, ma con determinazione giorno dopo giorno. Ogni giorno questa fiducia cresce. Mi lascio sorprendere da quello che accade sul cammino verso la mia libertà. Non faccio programmi. Con metodo mi ascolto, entro ed esco laboriosamente dalla mia caverna, a volte ho le mani vuote, ma va bene lo stesso.

Farò il coach? Non lo so. Non è più mia abitudine rispondere in maniera automatica. Per adesso so che il metodo mi risuona dentro, che mi aiuta a stare nella caverna, a sviluppare la capacità di vedere nel buio oltre le apparenze e ad uscire fuori con il sorriso e un piano di azione che solo io posso determinare. So anche che per riuscire a diventare strumento di consapevolezza, si deve togliere, scavare, saper sottrarre il superfluo e mettersi realmente al servizio nella padronanza di sé. Che questo processo non finirà mai. Che sarà continuamente messo in discussione questo sottile equilibrio. Ma adesso so che questo significa essere vitale, seguire una strada difficile ma piena di amore. La strada del rispetto e della cura di sé al servizio di quelli che vorranno riprendere in mano la loro vita e risvegliarsi alla loro vera essenza. Che saranno pronti per diventare quello che sono.

 

Arianna Tognini
Coach professionista
Direttore Dipartimento Risorse Umane Azienda USL Toscana Centro
Firenze
Esperta in negoziazione e relazioni sindacali
arianna.tognini@uslcentro.toscana.it

 

Nota: il Metodo C.A.R.E.® e i concetti ad esso legati sono di proprietà intellettuale di INCOACHNG® Srl.

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