Categoria: Il feedback è un dono prezioso che richiede metodo

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Il feedback è un dono prezioso che richiede metodo

“Tout se tient”

(espressione del linguista Saussure)

Tutto si tiene e tutto è interrelazione nella reciproca influenza: all’interno del lessico del Coaching ci sono parole provenienti da prestiti linguistici per forza evocativa e sintetica ma che poi, introdotte all’interno di uno specifico contesto, subiscono una rideterminazione tecnica e con essa un significato aggiunto e tipico: una di queste è la parola “feedback”, la cui etimologia apre una modalità dialettica precisa attraverso cui un Coach genera la co-narrazione con il Coachee.

 

Tutti i volti di una pratica di feedback

Letteralmente il tecnicismo è composto da due parti: la parola “feed” evocativa di immettere, alimentare, nutrire, e la parola “back” che allude al procedere all’ indietro. L’insieme definisce una retroazione, una azione/parola di ritorno, una immissione con effetto retroattivo che dal mondo tecnico passa alla linguistica, per esprimere quanto segue: il ritorno di segnale che all’interno di un dinamismo permette allo stesso di scoprire eventuali dissonanze; lo scopo è quello di porre rimedio al caos delle discrepanze, di attuare un cambiamento positivo e di generare prestazioni di pensiero più funzionali.

Molto più dell’effetto retroattivo di un messaggio, il feedback di un Coach rappresenta un momento cardine per poter supportare e chiarificare l’esperienza riflessiva del Coacheee. Per questo motivo necessita di una formazione adeguata, la pratica non è scontata e l’effetto che produce è straordinario, nel senso di permettere al soggetto ricevente di uscire fuori dai personali schemi di ragionamento attraverso la dialettica costruttiva motivata dal Coach. Nello specifico possiamo distinguerne tre principali tipologie, inserite funzionalmente in momenti differenti del processo di Coaching e qualificanti un ascolto pro-motivo:

1) il feedback di ascolto: si intende la restituzione al Coachee del suo ascolto, attraverso cui il Coach si pone dapprima nella posizione di specchio neutro per poi sostenerlo nella fase di elaborazione e di sviluppo della propria auto-coscienza. Nel momento in cui il Coach si istituisce come raccoglitore e restitutore delle informazioni dell’altro per ascolto e per osservazione, diviene per lo più uno stimolatore della capacità di analisi del Coachee e di prefigurazione nella fase di definizione e chiarificazione dei suoi obiettivi.

2) il feedback di monitoraggio: è volto soprattutto a supportare il Coachee nell’ambito della riflessione critica e creativa della messa in atto dei propri obiettivi, mediante rielaborazione dei livelli di miglioramento/cambiamento e dei risulti ottenuti, rispetto alla configurazione del proprio piano di azione.

3) il feedback celebrativo: nulla a che vedere con i complimenti o con gli elogi gratuiti, questa forma di restituzione scaturisce soprattutto dopo la fase di monitoraggio; lo scopo è porsi come un rinforzo emotivo per il Coachee, agendo un rimando sistematico agli elementi positivi che sono emersi durante la relazione di Coaching.

 

Quando il feedback si fa dono?

Un feedback efficace è soprattutto quello che è capace di sostenere e innalzare il Coachee sopra i pesi della propria individuazione, della propria azione e delle proprie scelte, allo scopo di produrre in lui/lei una migliore consapevolezza e una scintilla di insight.

Quello che un Coach offre in dono al Coachee è dunque la capacità di portare alla sua attenzione ciò che è funzionale alla sua mobilità, al suo miglioramento, alla realizzazione delle sue potenzialità, alla concretezza del suo agire. Il tutto diviene confermativo di una postura professionale, quella edificata sul valore dell’ascolto attivo, della autenticità, dell’accoglienza e della alleanza.

Di seguito alcuni criteri che nella nostra Scuola INCOACHING® riteniamo fondamentali per formalizzare un feedback davvero efficace, capace di attuare una interrelazione reciproca e creativa:

  • La restituzione di ascolto è volta alla ri-codificazione solo di quanto esternato dal Coachee, favorendone la comprensione e la sintesi di pensiero. Lo scopo è condurlo verso la migliore focalizzazione del proprio discorso o parti di esso, lasciandolo poi libero di verbalizzare nuovamente al riguardo.
  • Il Coach è tenuto a scambiare impressioni e osservazioni, nel rispetto di un’ottica analitica, evitando di porsi come suggeritore, controllando qualsiasi approccio di tipo interpretativo, emozionale, persuasivo per suggestione, seduttivo o giudicante.
  • Il feedback deve consentire un dialogo di approfondimento, capace in quanto tale di stimolare punti di vista alternativi.
  • La restituzione deve permettere al Coachee di fare un punto sulla situazione e di verificare la sua mobilità di evoluzione, in rapporto agli elementi ostacolanti e a quelli facilitanti.
  • Il feedback efficace non prevede consigli, insegnamenti, prediche o critiche. Il tutto deve poter rappresentare per il Coachee un’occasione di profondità e di intensità auto-riflessiva, volta a dargli il senso del suo percorso di sviluppo personale.
  • Il Coach è tenuto a una rielaborazione linguistica del contenuto del Coachee per poter promuovere il suo apprendimento, per rafforzare gli aspetti funzionali della sua azione, per supportare la sua autoefficacia rispetto agli obiettivi preposti.

 

Da tutto ciò ne discende un risultato dialettico, di senso e di significato, che amplifica l’esperienza riflessiva del Coachee al fine di condurlo verso una consapevolezza più stabile e coerente, aprendo inoltre le porte verso nuove possibilità di azione.

Attraverso il feedback, quale immersione retroattiva di parole e di significati, si assolve ad un compito principe del metodo coaching che sempre emerge in punti differenti della prassi quotidiana e con funzioni distinte: esplicitare il tacito del Coachee, ordinare la significazione delle sue disposizioni ed azioni, stimolare la rivelazione del suo sé più autentico.

Propriamente con il feedback le polifonie di pensiero, che si sollevano in modo versatile e inaspettato, tessono le mille tonalità semantiche di un dialogo maieutico di Coaching. Il tutto, se condotto con professionalità, porta il Coachee nella scoperta e nella sorpresa di nuove associazioni, liberandolo dai preconcetti e conducendolo più vicino e più a contatto con le proprie propensioni.

A fronte di tutto questo possiamo chiederci: la felicità è verità quale frutto della visione della nostra realtà più nuda e sincera?
Per ulteriori approfondimenti sull’argomento clicca qui.

 

 

In esclusiva per INCOACHING®, testo di Simona Rebecchi – Coach professionista diplomata INCOACHING®

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